Un team di ricercatori provenienti da Italia, Regno Unito e Stati Uniti ha isolato una serie di varianti genetiche correlate alle cellule immunitarie che possono avere un impatto sulle condizioni autoimmuni.
Nel loro articolo pubblicato sulla rivista Nature Genetics, il gruppo descrive la serie di strumenti e tecniche che ha usato per scoprire varianti di cellule immunitarie precedentemente sconosciute che potrebbero essere associate a una varietà di malattie immunitarie.
Ricerche precedenti hanno dimostrato che un gran numero di malattie una volta ritenute specifiche per organo o sito hanno anche connessioni con la risposta immunitaria. Malattia infiammatoria intestinale, sclerosi multipla e malattia di Kawasaki, sono solo alcuni esempi. In risposta a tali scoperte, i ricercatori hanno esaminato più attentamente le cellule immunitarie e le varianti associate che potrebbero essere alla base dell’insorgenza di tali malattie.
Il lavoro ha comportato la conduzione di studi di associazione genome-wide (GWAS) su campioni di sangue di 3.500 persone che vivono in Sardegna. Gli studi hanno coinvolto l’uso di profili di genotipizzazione come mezzo per cercare varianti che coinvolgono 731 tratti delle cellule immunitarie. Il lavoro effettivo ha coinvolto l’uso di marcatori di superficie cellulare e l’ordinamento cellulare basato sulla citometria a flusso.
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In tutto, i ricercatori hanno esaminato i dati per 22 milioni di varianti trovate nei campioni di sangue (alcuni dei quali provenivano da persone della stessa famiglia). In tal modo hanno trovato 122 polimorfismi a singolo nucleotide, 52 dei quali erano nuovi e 17 loci che potevano essere legati indipendentemente a 459 tratti cellulari individuali. Il set includeva anche varianti trovate in circa 36 loci che erano state associate a malattie autoimmuni note.
I ricercatori hanno anche condotto mappatura fine, convalida di follow-up, analisi di selezione, locus dei tratti quantitativi e di espressione per ottenere una prospettiva migliore sui tratti di associazione che avevano isolato e, cosa più importante, per vedere se potevano trovare associazioni precedentemente sconosciute all’autoimmunità.
Successivamente hanno in programma di studiare la possibilità di utilizzare loci di tratti quantitativi di proteine che hanno identificato per trovare qualsiasi connessione tra i loro risultati e farmaci già in uso, e anche per vedere se tali farmaci potrebbero essere usati per altre condizioni. Fanno notare che andando avanti, potrebbe essere una buona idea indirizzare più di un percorso o proteina durante lo sviluppo della terapia sulla base dei sottotipi di cellule immunitarie e delle malattie coinvolte.
Fonte: Medicalxpress