Buone notizie su fronte della lotta al coronavirus SARS-CoV-2: risultati interessanti arrivano dai test condotti presso il Laboratorio di virologia del San Raffaele di Milano, coordinato dal Prof.Massimo Clementi, sul vecchio farmaco antimalarico Plaquenil, contro SARS-CoV-2.
A dare la notizia è il virologo Roberto Burioni dal suo sito “Medicalfacts”:
“Dall’inizio di questa brutta avventura vi abbiamo detto che i sacrifici sarebbero serviti per rallentare l’epidemia e dare del tempo agli Ospedali per organizzarsi meglio e ai ricercatori per lavorare. Oggi vi raccontiamo una delle cose che noi ricercatori, nel laboratorio di Virologia del San Raffaele di Milano fondato e coordinato da Massimo Clementi – mio maestro -, abbiamo fatto durante questo tempo che ci avete concesso.
Il Plaquenil è un farmaco vecchissimo, in uso da quasi 70 anni contro la malaria. Nel 2005 alcuni ricercatori statunitensi si sono accorti che aveva in laboratorio una forte attività antivirale contro il coronavirus responsabile della SARS, sparito nel 2004. Siccome l’attività antivirale era diretta contro un virus non più esistente la notizia era passata inosservata.
Naturalmente quando è saltato fuori questo nuovo virus, cugino di quello della SARS, molti hanno pensato di utilizzare il Plaquenil per curare questa infezione. L’efficacia di questa terapia non è ancora chiara e non sono neanche chiari i meccanismi attraverso i quali il Plaquenil infastidisce la replicazione virale. Siccome fare gli esperimenti sulle persone è sicuramente più complicato, molti ricercatori hanno pensato di studiare l’effetto del Plaquenil sul nuovo coronavirus in laboratorio, tra questi noi.
Per studiare un virus in laboratorio bisogna prenderlo e metterlo a contatto con cellule nelle quali si possa replicare: in generale l’effetto è la loro completa distruzione. Dunque: abbiamo preso il coronavirus e l’abbiamo messo a replicare, aggiungendo una quantità di Plaquenil abbondantemente raggiungibile nel polmone dopo la somministrazione del farmaco. Però abbiamo esplorato non una, ma tre possibilità. Nella prima abbiamo aggiunto il Plaquenil DOPO l’infezione delle cellule con il virus, simulando la situazione in cui si troverebbe un paziente se il farmaco gli venisse somministrato al momento della diagnosi, quando è già infettato. Poi abbiamo provato ad aggiungerlo solo PRIMA dell’infezione delle cellule, simulando l’uso del Plaquenil in profilassi. E poi abbiamo fatto anche un terzo tentativo: l’abbiamo aggiunto sia PRIMA che DOPO l’infezione delle cellule, simulando una somministrazione continuativa del farmaco.
Vedi anche:SARS-CoV-2 e studi clinici in Italia: a che punto siamo? Ne parla il Prof. Franco Locatelli
Il risultato
A sinistra, le cellule infettate dal virus e devastate (Infection ctrl). Nella seconda immagine (Pre), le cellule infettate dal virus con il Plaquenil somministrato solamente prima dell’infezione: come vedete sono messe molto male. Nella terza immagine (Post), le cellule infettate dal virus con il Plaquenil somministrato solamente dopo l’infezione: anche in questo caso non se la passano bene. Nell’ultima immagine (Full), le cellule infettate dal virus, ma con il Plaquenil somministrato prima e dopo l’infezione, sono in ottimo stato come potete capire dal fatto che formano uno strato continuo senza buchi.
Insomma, un dato molto interessante. Per bloccare il virus bisogna usare il Plaquenil PRIMA E DOPO l’infezione. Chiaramente questo non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza: i dati che abbiamo ottenuto suggeriscono che una sperimentazione clinica di questo farmaco dovrebbe essere svolta somministrando il farmaco non solo quando il paziente sta già male, ma già PRIMA DELL’INFEZIONE agli individui che sono a maggior rischio.
Non correte a comprare il Plaquenil e non assumetelo di testa vostra: mentre l’efficacia non è ancora certa, gli effetti collaterali del farmaco sono comunque possibili. In ogni caso, però, se uno studio clinico riuscisse a confermare che il Plaquenil è utile nel modo in cui questo studio suggerisce, ovvero associando profilassi e terapia, avremmo fatto un passo verso il ridimensionamento di questo virus. Un passo che, per esempio, potrebbe rappresentare una protezione in più per tutti i colleghi in primissima linea nella gestione clinica de pazienti infetti. Quanto grande sarà questo passo non possiamo saperlo, ma è di questi passi che è fatto il ritorno alla vita normale.
Vorrei qui ringraziare – oltre a Massimo Clementi che coordina tutto il laboratorio – anche Nicasio Mancini e Nicola Clementi che hanno diretto il gruppo di giovanissimi ricercatori che ha svolto questo lavoro: Elena Criscuolo, Roberta Antonia Diotti, Roberto Ferrarese e Matteo Castelli. Perché fare gli esperimenti con questo virus non è una cosa da poco: bisogna maneggiarlo, e maneggiare un virus potenzialmente letale è cosa che significa letteralmente rischiare la vita mentre si fanno gli esperimenti. Siccome si sono tutti laureati con me – nessuno escluso – sono abituati alle difficoltà: io li ringrazio tutti per essere parte con me di questo momento terribile e impegnativo per tutti i ricercatori del mondo.
Se voi volete ringraziare qualcuno, ringraziate loro e non me: sono quelli che più lo meritano.
Roberto Burioni