Un team di ricercatori della Sahlgrenska Academy è riuscito a generare tessuto cartilagineo stampando cellule staminali con un 3D-bioprinter, il processo per la creazione di modelli di cellule in uno spazio confinato utilizzando tecnologie di stampa 3D, in cui la funzionalità e la vitalità delle cellule sono conservate all’interno del progetto stampato.
Il fatto che le cellule staminali siano sopravvissute in fase di stampa è un successo in sé. Inoltre, il team di ricerca è stato in grado di influenzare il motiplicarsi ed il differenziarsi delle cellule di per formare condrociti (cellule della cartilagine) nella struttura stampata.
I risultati sono stati pubblicati dalla rivista Nature in Scientific Reports.
Il progetto di ricerca è stato realizzato in collaborazione con un team di ricercatori della Chalmers University of Technology, esperti nella stampa 3D di materiali biologici e con ricercatori ortopedici da Kungsbacka.
( Vedi anche:Scoperte cellule staminali nel midollo osseo che rigenerano sia l’osso che la cartilagine).
Il team ha utilizzato cellule della cartilagine raccolte da pazienti che hanno subito un intervento chirurgico al ginocchio. Queste cellule sono state poi manipolate in laboratorio e trasformate in cellule staminali pluripotenti, ossia cellule staminali che hanno la potenzialità di svilupparsi in diversi tipi di le cellule. Le cellule staminali sono state poi moltiplicate ed incapsulate in una composizione di cellulosa e stampate in una struttura con un bioprinter 3D. Le cellule staminali sono state trattate con fattori di crescita che le hanno indotte a differenziare correttamente, in modo da formare tessuto cartilagineo.
La pubblicazione in Scientific Reports, è il risultato di tre anni di duro lavoro.
“In natura, la differenziazione delle cellule staminali in cartilagine è un processo semplice, ma è molto più complicato da realizzare in una provetta. Siamo i primi ad esserci riusciti con successo e l’abbiamo fatto senza alcuna sperimentazione animale di sorta”, dice Stina Simonsson, Professore associato di Biologia cellulare, che guida il team di ricerca.
La maggior parte degli sforzi del team riguardavano la ricerca di una procedura che avrebbe permesso alle cellule di sopravvivere alla stampa, moltiplicarsi e differenziarsi per formare la cartilagine.
“Abbiamo studiato vari metodi e fattori di crescita diversamente combinati. Ogni cellula staminale è stata racchiusa in nano capsula di cellulosa ed è riuscita a sopravvivere alla stampa in corsa in una struttura 3D”.
Un elemento chiave maturato dallo studio è che è necessario utilizzare grandi quantità di cellule staminali dal vivo per formare il tessuto in questo modo.
La cartilagine formata dalle cellule staminali nella struttura 3D bioprinted è estremamente simile alla cartilagine umana. I chirurghi esperti, che hanno esaminato la cartilagine artificiale, non hanno trovato alcuna differenza quando hanno confrontato il tessuto bioprinted alla vera cartilagine e hanno dichiarato che il materiale ha proprietà simili alla cartilagine naturale dei loro pazienti.
Potenziale per l’uso nelle terapie con osteoartrosi
Lo studio rappresenta un grande passo avanti nella possibilità di generare tessuto cartilagineo endogeno. In un futuro non troppo lontano, si potrà utilizzare il bioprinting 3D per generare la cartilagine proprio dalle cellule del paziente. Questo tessuto bioprinted può essere usato per riparare i danni alla cartilagine o per il trattamento dell’ artrosi che causa la degenerazione della cartilagine articolare. La condizione è molto comune: uno su quattro svedesi di età superiore ai 45 soffre di un certo grado di osteoartrite.
In teoria, questa ricerca ha creato l’opportunità di generare grandi quantità di cartilagine, ma un grosso problema deve essere risolto prima che i risultati possano essere utilizzati a beneficio dei pazienti.
“La struttura di cellulosa che abbiamo usato potrebbe non essere ottimale per l’uso nel corpo umano. Prima di iniziare ad esplorare la possibilità di integrare l’uso del 3D bioprinted nel trattamento chirurgico dei pazienti, abbiamo bisogno di trovare un altro materiale che può essere scomposto e assorbito dal corpo in modo che rimane solo la cartilagine endogena- La cosa più importante per l’utilizzo in un ambiente clinico è la sicurezza”, spiega Stina Simonsson.
Fonte: Nature