Immagine:Il trattamento consiste nel prelievo di cellule staminali dal midollo osseo e loro reintroduzione nel flusso sanguigno per “riavviare” il sistema immunitario.
La messa a punto un trattamento già esistente per la sclerosi multipla, che sopprime e riavvia il sistema immunitario, ha prodotto risultati positivi, ma comporta anche dei rischi, secondo la ricerca pubblicata in The Lancet.
Il trattamento, che combina la chemioterapia con il trapianto di cellule staminali, ha impedito la recidiva in oltre il 95% dei partecipanti allo studio. I risultati dello studio clinico di fase II hanno dimostrato che 8 dei 23 pazienti che sono stati trattati con successo, hanno continuato ad essere liberi dalla malattia 7 anni e mezzo dopo il trattamento. Nessun precedente trattamento è riuscito a controllare la progressione della sclerosi multipla fino a questo punto, ma i ricercatori avvertono che l’intervento potrebbe essere troppo rischioso per essere diffuso.
Circa 2 milioni di persone in tutto il mondo vivono con la sclerosi multipla, malattia infiammatoria, autoimmune che colpisce il sistema nervoso centrale (SNC).
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Alcuni centri di trattamento specializzati offrono trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche (AHSCT) ai pazienti con SM. Le cellule staminali vengono prelevate dal midollo osseo del paziente, mentre la chemioterapia è usata per sopprimere il sistema immunitario.
Le cellule staminali vengono poi rimesse nel flusso sanguigno, teoricamente significa “resettare” il sistema immunitario e arrestare il suo attacco” al corpo.
Tuttavia, la recidiva è comune tra i pazienti trattati per cui i ricercatori sono alla ricerca di metodi più efficaci ed affidabili.
Uccidere la risposta immunitaria per migliorare i risultati
Il Dr. Harold Atkins e colleghi dell’ Ottawa Hospital e dell’Università di Ottawa, in Canada, hanno voluto vedere cosa sarebbe successo se il sistema immunitario viene completamente distrutto e non solo soppresso, durante il trattamento con le cellule staminali.
Sono stati arruolati alo studio 24 pazienti di età compresa tra 18-50 anni che frequentavano tre ospedali canadesi per il trattamento per la SM. Tutti avevano una prognosi infausta.I punteggi dei partecipanti,sono stati valutati attraverso la Expanded Disability Status Scale (EDSS).
Tutti i pazienti avevano ricevuto terapia immunosoppressiva standard in precedenza, ma con scarso successo. I pazienti avevano avuto una media di 1,2 ricadute all’anno. All’inizio dello studio, sono stati sottoposti a 24 scansioni MRI che hanno rivelato un totale di 93 lesioni cerebrali. Nel nuovo approccio, gli scienziati non sopprimono il sistema immunitario prima del trapianto delle cellule staminali; ma lo distruggono completamente.I ricercatori hanno rimosso le cellule immunitarie dalle cellule staminali che dovevano essere reintrodotte nel corpo dei pazienti grazie ad un regime chemioterapico più forte del solito.
Il trattamento conteneva ciclofosfamide, busulfan e globulina anti-timociti.
“La chemioterapia che usiamo è molto efficace per attraversare la barriera emato-encefalica e questo potrebbe contribuire ad eliminare le cellule immunitarie dannose dal sistema nervoso centrale”, ha spiegato il Dr. Harold L. Atkins
I ricercatori hanno valutato:
- Le recidive dei sintomi della SM
- Le lesioni cerebrali nuove
- La progressione sostenuta dei punteggi EDSS.
Un trattamento di grande effetto, ma pericoloso
L’obiettivo dello studio era la sopravvivenza libera da malattia attiva a 3 anni, cosa che si è verificata nel 69,6% dei pazienti dopo il trapianto. Dei 24 pazienti, uno (4%) è morto di necrosi epatica e sepsi causata dalla chemioterapia. Prima del trattamento, i pazienti avevano sperimentato 1,2 ricadute all’anno in media. Dopo il trapianto non ci sono state recidive durante il periodo di follow-up (tra 4 e 13 anni) nei 23 pazienti sopravvissuti. Inoltre, dopo il trattamento solo uno dei 327 esami cerebrali eseguiti hanno mostrato una nuova lesione.Otto pazienti hanno mostrato un effetto moderatamente tossico e 14 pazienti hanno mostrato effetti leggermente tossici, dopo il trapianto.
La terapia aggressiva non può beneficiare tutti i pazienti
I risultati sono estremamente promettenti, ma gli stessi ricercatori invitano alla cautela. “La dimensione del campione di 24 pazienti è molto piccolo, e nessun gruppo di controllo è stato utilizzato per il confronto. Più ampi studi clinici saranno ora importanti per confermare questi risultati. Inoltre, poiché questo è un trattamento aggressivo, i potenziali benefici devono essere valutati rispetto ai rischi di gravi complicazioni – conclude Freedman. Inoltre, il trattamento dovrebbe essere offerto solo in centri specializzati”.
Fonte: The Lancet