HomeSaluteFegatoSteatosi epatica: consumo di caffè riduce il rischio di fibrosi epatica

Steatosi epatica: consumo di caffè riduce il rischio di fibrosi epatica

Il consumo di caffeina è stato a lungo associato a ridotto rischio di malattie del fegato e riduzione della fibrosi nei pazienti con malattia epatica cronica. Ora, la ricerca appena pubblicata, conferma che il consumo di caffeina riduce il rischio di fibrosi avanzata nei pazienti con steatosi epatica non alcolica (NAFLD). I risultati, pubblicati sulla rivista Hepatology , una rivista della Associazione Americana per lo Studio delle Malattie del Fegato, dimostrano che una maggiore assunzione di caffè, in particolare tra i pazienti con steatoepatite non alcolica (NASH), diminuisce il rischio di fibrosi epatica.

Il costante aumento dei tassi di diabete, obesità e sindrome metabolica nel corso degli ultimi 20 anni ha dato luogo a una maggiore prevalenza di staetosi epatica( NAFLD ). In realtà, gli esperti ora ritengono che la statosi epatica è la principale causa di malattia cronica del fegato, superando l’epatite B e C. La maggior parte dei pazienti avrà isolato fegato grasso, che ha una bassissima probabilità di sviluppare la malattia epatica progressiva. Tuttavia, un sottogruppo di pazienti avrà NASH, che è caratterizzata da infiammazione del fegato, distruzione delle cellule epatiche e possibile cicatrizzazione del fegato. La progressione verso la cirrosi (avanzata cicatrizzazione del fegato) può verificarsi in circa il 10-11% dei pazienti con steatosi epatica nel corso di un periodo di 15 anni, anche se questa percentuale  è altamente variabile.

Allo studio hanno preso parte  306 partecipanti che sono stati invitati a consumare caffè e sono stati suddivisi in quattro gruppi: pazienti con segni di fibrosi, steatosi, NASH stadio 0-1, e NASH fase 2-4.

“Il nostro studio è il primo a dimostrare che i pazienti con NASH possono trarre beneficio dal consumo moderato di caffè che diminuisce il rischio di fibrosi avanzata. Ulteriore potenziale di ricerca dovrà esaminare la quantità di assunzione di caffè sui risultati clinici.”

Fonte ://www.sciencedaily.com / releases/2013/05/130518153254.htm

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