HomeSaluteSindrome antifosfolipidica, come i comuni batteri intestinali innescano la malattia

Sindrome antifosfolipidica, come i comuni batteri intestinali innescano la malattia

“I batteri comuni che risiedono nell’intestino umano possono essere in parte responsabili della sindrome antifosfolipidica, una malattia autoimmune”, dicono i ricercatori della Yale Univerity che hanno studiato le origini di questa grave malattia autoimmune che colpisce frequentemente le giovani donne.

Cosa porta il sistema immunitario, progettato per proteggerci, ad indurre il corpo ad attaccare le cellule sane?.

Per lo studio, il team di ricerca si è concentrato sulle cellule di pazienti con sindrome antifosfolipidica, un disturbo del sistema immunitario che aumenta il rischio di coaguli di sangue. Questa condizione cronica può causare coaguli polmonari, ictus, attacchi cardiaci e in donne in stato di gravidanza, aborti o nascite premature.

Vedi anche, Nuova prova che la narcolessia è una malattia autoimmune.

Utilizzando le cellule immunitarie e gli anticorpi del paziente, così come i modelli animali della malattia, i ricercatori hanno fatto diversi esperimenti per esplorare il fenomeno. Hanno scoperto che un batterio intestinale comune chiamato Roseburia intestinalis, può scatenare la malattia in individui che hanno una predisposizione genetica. In quei pazienti, le cellule T e B  del sistema immunitario reagiscono a una proteina del sangue coinvolta nella coagulazione e anche ai batteri, in alcuni amminoacidi presenti nei batteri. Nel tempo, questa continua risposta “cross-reattiva” porta a danni ai tessuti e malattie croniche.

Identificando un batterio dell’intestino, invece del sistema immunitario, come bersaglio per il trattamento, lo studio potrebbe portare a nuovi farmaci per questi pazienti, secondo gli scienziati. “La ricerca è stata anche la prima a mostrare la cross-reattività dei batteri intestinali negli esseri umani con la sindrome antifosfolipidica, ha detto l’autore senior dello studio, Martin Kriegel della Yale, “una scoperta che potrebbe avere un impatto sulla comprensione e il trattamento di altre malattie autoimmuni”.

Lo studio completo è stato pubblicato su Cell Host & Microbe.

Fonte, Cell Host & Microbe

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