Un vaccino utilizzato per prevenire la tubercolosi usato in alcune parti del mondo, è stato trovato utile per aiutare a prevenire la sclerosi multipla in persone che manifestavano i primi segni della malattia, secondo un rapporto pubblicato in Neurologia.
La sclerosi multipla (SM) è notoriamente difficile da diagnosticare. I sintomi iniziali sono generalmente vaghi, con sensazioni di intorpidimento, problemi di vista o problemi di equilibrio più frequentemente segnalati.
I ricercatori affermano che circa il 50% delle persone con questi sintomi, o sindrome clinicamente isolata, svilupperà la sclerosi multipla entro 2 anni, mentre il 10% mostra altri sintomi correlati alla condizione.
Lo studio, che è stato sostenuto dal Ministero della Salute italiano e altre organizzazioni, si è concentrato su 73 persone che avevano sperimentato un singolo episodio di sintomi correlati alla Sclerosi Multipla.
Per lo studio, 33 partecipanti hanno ricevuto una iniezione di bacillo di Calmette-Guérin (BCG), mentre i restanti partecipanti hanno ricevuto un placebo. Tutti i partecipanti hanno fatto una scansione del cervello una volta al mese, per 6 mesi e sono stati poi trattati con farmaco interferone beta-1a per un anno.
I partecipanti sono stati seguiti per 5 anni.
Meno lesioni cerebrali
Le scansioni cerebrali del gruppo vaccinato mostravano meno lesioni cerebrali che sono caratteristiche della malattia, rispetto al gruppo che ha ricevuto il placebo – tre lesioni in media, rispetto a sette.
E alla fine dello studio, il 42% del gruppo vaccinato aveva sviluppato la MS, rispetto al 70% del gruppo placebo.
Anche se non ci sono stati effetti collaterali negativi, il Dott. Giovanni Ristori, dell’ Università la Sapienza di Roma, avverte che occorre più lavoro prima che questa scoperta possa essere annunciata come una nuova cura:
In un editoriale di accompagnamento al documento di ricerca, il dottor Dennis Bourdette, dall’ Oregon Health & Science University a Portland e Fellow della American Academy of Neurology, scrive che i risultati sembrano sostenere la “ipotesi della sicurezza” del trattamento.
“La teoria è che l’esposizione a certe infezioni nei primi anni di vita, può ridurre il rischio di questa malattia, inducendo l’organismo a sviluppare una immunità protettiva”, conclude il Dott. Bourdette.
Fonte Neurology 4 dicembre 2013 Astratto