Uno studio collaborativo internazionale guidato da ricercatori della Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute (SBP), con la grande partecipazione di Yokohama School of Medicine, Harvard Medical School e UC San Diego, ha identificato il meccanismo molecolare dietro l’efficacia del litio nel trattamento di pazienti con disturbo bipolare.
Lo studio, pubblicato in Proceedings of the National Academy of Sciences ( PNAS ), ha utilizzato cellule staminali pluripotenti (HIPS) umane per mappare la via di risposta al litio, ottenendo l’ identificazione della più ampia patogenesi del disturbo bipolare.
( Vedi anche: Disturbo bipolare: individuate nuove anomalie cerebrali).
Questi risultati sono i primi a spiegare le basi molecolari della malattia e possono portare allo sviluppo di un test diagnostico, nonché prevedere la probabilità di risposta del paziente al trattamento con il litio. La ricerca può anche fornire le basi per la scoperta di nuovi farmaci più sicuri e più efficaci del litio.
Il disturbo bipolare è una condizione che causa sbalzi d’umore estremi e colpisce circa 5,7 milioni di adulti negli Uniti. Il litio è il primo trattamento esplorato per il trattamento dei sintomi del disturbo bipolare, ma ha limitazioni significative. Solo circa un terzo dei pazienti risponde al trattamento con il litio e il suo effetto richiede un processo di tentativi ed errori di diversi mesi ed a volte anni, prima della prescrizione del farmaco e il monitoraggio della risposta. Gli effetti collaterali del trattamento con il litio possono essere significativi e includono nausea, tremori muscolari, intorpidimento emotivo, battito cardiaco irregolare, aumento di peso e difetti di nascita e non di rado, molti pazienti interrompono l’assunzione del farmaco.
” Il litio è stato utilizzato per trattare il disturbo bipolare da diverse generazioni, ma fino ad ora non è chiaro il motivo per cui la terapia non sempre funziona. Inoltre, i suoi effetti collaterali sono intollerabili per molti pazienti e questo limita il suo uso e fa emergere un urgente bisogno di farmaci più mirati con rischi minimi “, ha detto Evan Snyder, Prof. e Direttore del Centro per le cellule staminali e la medicina rigenerativa alla SBP, e autore senior dello studio.
“È importante sottolineare che i nostri risultati aprono un percorso chiaro per trovare sicuri ed efficaci nuovi farmaci. Altrettanto importante, è che la ricerca ci ha aiutato a dare indicazioni sui meccanismi molecolari che causano problemi psichiatrici di questo tipo”.
“Abbiamo capito che lo studio della risposta al litio potrebbe essere utilizzato come un ‘ apriscatole molecolare’ per svelare la via molecolare di questa malattia complessa, che è risultato non essere causata da un difetto in un gene, ma piuttosto dalla regolazione post-traduzionale ( fosforilazione) del prodotto di un gene, in questo caso, CRMP2, una proteina intracellulare che regola le reti neurali “, ha aggiunto Snyder.
In cellule di pazienti HIPS reattivi o no al litio, i ricercatori hanno osservato una differenza fisiologica nella regolazione di CRMP2, che porta alla produzione di una proteina molto più attiva nei pazienti responsivi. Tuttavia, la ricerca ha dimostrato che quando il litio è stato somministrato a queste cellule, i loro meccanismi di regolazione sono stati corretti, ripristinando la normale attività di CRMP2 e correggendo la causa della malattia.
Pertanto, lo studio ha dimostrato che il disturbo bipolare può essere radicato in meccanismi fisiologici non necessariamente genetici. Le intuizioni derivate dalle cellule coltivate in laboratorio, sono state validate in campioni di cervello da pazienti con disturbo bipolare (on e off litio), in modelli animali e nei neuroni viventi.
“Questo ‘apriscatole molecolare’, utilizzando un farmaco noto per avere un’azione utile senza sapere esattamente perché, ci ha permesso di esaminare e comprendere una patogenesi di fondo del disturbo bipolare”, ha aggiunto Snyder. “L’approccio può essere esteso ad ulteriori disturbi e malattie per i quali non abbiamo ancora compreso la biologia sottostante, come la depressione, l’ansia e la schizofrenia che hanno bisogno di terapie più efficaci”.
Fonte: Science news