Gli scienziati dell’Istituto Pasteur a Roma e dell’ Inserm in Francia, hanno aumentato con successo l’infiltrazione di cellule immunitarie nel tumore, inducendo in tal modo il sistema immunitario a bloccare la sua crescita.
In un articolo pubblicato su Nature Immunology, gli scienziati mostrano che, in combinazione con le immunoterapie esistenti, questo processo distrugge in modo efficace le cellule tumorali.
Le chemiochine sono piccole molecole che possono attirare cellule immunitarie verso tessuti infiammatori, agendo ad esempio durante lo sviluppo del tumore o dopo un’infezione, al fine di supportare la migrazione dei linfociti nei tessuti malati.Tuttavia, queste molecole possono essere degradate dagli enzimi, un processo che limita l’afflusso di cellule immunitarie.
Ad esempio, la chemochina CXCL10, che induce il reclutamento di linfociti T nei tessuti patologici, viene rapidamente degradata dall’enzima dipeptidylpeptidase 4 (DPP4).
Il The Dendritic Cell Immunobiology Unit, guidato da Matthew Albert (Istituto Pasteur e Inserm), aveva già dimostrato che l’aumento dei livelli di DPP4 e la forma degradata di CXCL10 in pazienti con epatite C, sono collegati all’incapacità dei pazienti di rispondere al trattamento con interferone. A seguito di questi risultati, gli scienziati hanno predetto e hanno confermato, che inibendo questo enzima si può migliorare l’efficacia delle risposte immunitarie, in particolare le risposte antitumorali.
In uno studio pubblicato di recente, Rosa Barreira da Silva, Matthew Albert ed i loro colleghi, hanno dimostrato che la somministrazione orale di un inibitore DPP4 specifico (sitagliptin) rallenta lo sviluppo di diversi tipi di tumore nei topi. Inoltre, gli autori hanno dimostrato che l’inibizione di DPP4 aumenta l’infiltrazione di linfociti T nel tumore e che la combinazione di questo innovativo trattamento con immunoterapie esistenti, ha sradicato il tumore.
Dal momento che le autorità sanitarie hanno già approvato inibitori DPP4 per il trattamento del diabete di tipo 2, le conclusioni tratte da questi studi possono tradursi rapidamente in studi clinici sull’uomo. In realtà, la squadra di Matthew Albert, in collaborazione con i colleghi clinici, ha già presentato una proposta di fase I di sperimentazione clinica, per valutare l’impatto del trattamento con sitagliptin in pazienti con carcinoma epatocellulare.
La natura interdisciplinare dei progetti intrapresi dai team dell’Istituto Pasteur e Inserm, insieme con la collaborazione tra scienziati e medici, consente che le osservazioni cliniche e le scoperte scientifiche possano essere applicate rapidamente alla gestione delle patologie umane.