L’ infezione congenita da citomegalovirus (CMV) può causare gravi complicazioni come difficoltà uditive e ritardo mentale nei bambini. Un gruppo di ricerca giapponese ha scoperto un nuovo metodo per la previsione dell’ infezione congenita da CMV durante il periodo prenatale. Questo metodo è sicuro sia per le madri che per il feto.
I risultati dello studio sono stati pubblicati il 20 ottobre 2016 nella versione online di Clinical Infectious Diseases.
I membri del team di ricerca includono il Prof. YAMADA Hideto della Kobe University Graduate School of Medicine, Department of Obstetrics and Gynecology, il Prof. Tanimura Kenji del Kobe University Hospital Center for Perinatal Care, il Prof. Morioka Ichiro della Graduate School of Medicine, Department of Pediatrics e il Dr. MINEMATSU Toshio, Direttore della Aisenkai Nichinan Hospital Research center for Disease Control.
( Vedi anche:Virus congenito nei bambini con paralisi cerebrale più comune di quanto si pensasse).
Negli Stati Uniti più di 8000 bambini ogni anno soffrono di complicazioni a lungo termine di infezione congenita da citomegalovirus ed i costi annuali della cura di questi bambini sono stimati in 1-2 miliardi di dollari. Negli ultimi anni, alcuni medici hanno combattuto con successo questa condizione che colpisce i bambini, utilizzando agenti antivirali. Per facilitare il trattamento, la diagnosi precoce è di vitale importanza. Tuttavia, i test per individuare l’infezione nei neonati (test PCR che rilevano DNA del virus nelle urine dei neonati) non sono sempre eseguiti e comporterebbero enormi costi finanziari se fossero effettuati in tutti i bambini. Attualmente l’approccio più realistico e finanziariamente sostenibile è rivolto alle donne in gravidanza che hanno un alto rischio di infezione e consiste nel test PCR.
Come mostrato nella figura 1, l’ infezione congenita di solito si verifica quando le donne che non hanno anticorpi per il citomegalovirus contraggono il virus per la prima volta durante la gravidanza (infezione primaria da CMV). Le donne in gravidanza ad alto rischio di infezione congenita, sono generalmente identificate da test per il CMV. Per capire se l’infezione è stata contratta già in passato o se vi è un’infezione in corso, si fa un esame del sangue che ricerca la presenza di due tipi di anticorpi, detti immunoglobuline: le IgG e le IgM.
(Le IgM sono gli anticorpi che si producono nella fase acuta della malattia, quindi sono rilevabili da subito; restano attivi per tutta la durata dell’infezione, dopodiché i valori scendono progressivamente, ma la loro presenza continuerà ad essere rilevata nel sangue ancora per 3-4 mesi circa (anche se a volte ci sono casi di persistenza della IgM. Le IgG si iniziano a produrre solo 1-2 settimane dopo che è avvenuta l’infezione, ma resteranno presenti nel’organismo per tutta la vita, come ‘memoria’ dell’infezione avvenuta, e per questo saranno sempre rilevabili nel sangue).
Il metodo più accurato per rilevare l’infezione fetale durante la gravidanza è verificare la presenza di DNA virale nel liquido amniotico. Tuttavia, il campionamento del liquido amniotico è una procedura invasiva che può portare a rottura delle membrane, infezioni uterine o aborto spontaneo.
Il gruppo di ricerca ha ideato un metodo non invasivo per predire l’infezione congenita da citomegalovirus nei feti.
I ricercatori hanno esaminato 300 donne incinte che erano risultate positive agli anticorpi CMV (IgM) ed erano state classificate come ad alto rischio di infezione congenita del feto. Le donne sono state sottoposte a interviste cliniche, esami del sangue, ecografie e test del DNA e PCR per CMV: Sono stati utilizzati campioni di sangue, delle urine e secrezione della cervice uterina. Il test del sangue ha incluso la misurazione del numero di globuli bianchi, antigeni virali e un test dell’attività delle IgG, (per determinare se i soggetti avevano recente infezione da CMV). Inoltre, sono stati eseguiti esami ecografici, alla ricerca di sintomi di infezione congenita da CMV nel feto.
Dopo l’analisi statistica di tutti i risultati, il team ha determinato che le anomalie fetali rivelate attraverso gli ultrasuoni e test risultati positivi alla PCR condotti sulla secrezione della cervice uterina, erano due modi più efficaci per prevedere l’infezione congenita prima della nascita. Questo è il primo rapporto a dimostrare che la secrezione della cervice uterina può essere utilizzata per predire l’infezione congenita da citomegalovirus.
Sia il test con gli ultrasuoni che il test della secrezione della cervice sono procedure non invasive e il loro utilizzo è in grado di offrire un metodo più sicuro per individuare le donne in gravidanza ad alto rischio di infezione e prevedere il verificarsi di infezione congenita da citomegalovirus nel feto
Identificare con precisione i neonati con infezione congenita da citomegalovirus consente ai medici di iniziare il trattamento antivirale precocemente e potrebbe migliorare la prognosi neurologica di questi neonati.
Fonte: Kobe University