HomeSaluteTumoriLa melatonina può rallentare la crescita del cancro al seno triplo negativo

La melatonina può rallentare la crescita del cancro al seno triplo negativo

Un recente studio mostra che la melatonina – un ormone che regola il sonno ed i cicli di veglia – può avere il potenziale per rallentare la crescita di alcuni tipi di cancro al seno, secondo i ricercatori della Henry Ford Hospital di Detroit e la Fondazione per la Ricerca di São Paulo.

Lo studio, pubblicato online sulla rivista PLoS One, dimostra che la melatonina può inibire la crescita del cancro al seno e la produzione delle cellule, così come bloccare la formazione di nuovi vasi sanguigni nei modelli di cancro al seno ER-negativo.

“Questi risultati ottenuti nella fase iniziale della ricerca, sugli effetti della melatonina in un triplo-negativo modello animale di cancro al seno, ottenuti nel nostro laboratorio, non sono stati mai osservati  prima”, dice il coautore dello studio Adarsh ​​Shankar, un assistente di ricerca del Dipartimento di Radiologia presso la Henry Ford Hospital.

“Il risultato principale dello studio è che ora sappiamo che la melatonina ha  effetto sulla riduzione della crescita del tumore e questo che apre la porta ad ulteriori ricerche sull’ argomento”.

La melatonina è un ormone prodotto naturalmente dalla ghiandola pineale del cervello in risposta al buio ed è disponibile anche come integratore.

Secondo l’American Cancer Society, le proprietà antiossidanti della melatonina possono sopprimere la crescita di alcuni tipi di cellule del cancro, soprattutto se combinata con alcuni farmaci anti-cancro.

Una strategia  promettente è proprio limitare la progressione del cancro, controllando l’angiogenesi, la formazione di nuovi vasi sanguigni. Una volta che un tumore supera pochi millimetri di diametro, l’ ipossia (mancanza di ossigeno) innesca una cascata di eventi per consentire l’angiogenesi e la progressione tumorale.

Per determinare l’efficacia terapeutica della melatonina sulla crescita del tumore, i ricercatori dell’ Henry Ford Hospital e  della Fondazione per la Ricerca di  San Paolo, hanno valutato l’azione della melatonina sulla angiogenesi, nel cancro mammario ER-negativo in vitro e in vivo, utilizzando modelli cellulari e mouse, rispettivamente.

I topi sono stati assegnati in modo casuale a uno dei gruppi trattati con melatonina o a gruppi di  controllo. Il gruppo che ha ricevuto la melatonina è stato trattato ogni sera per 21 giorni e la melatonina è stata somministrata a farmacologica concentrazione, un’ora prima che l’illuminazione della stanza fosse spenta. La melatonina somministrata prima della notte, è  più efficace perché i tessuti sono più sensibili agli ormoni, in questo momento.

Alla fine del trattamento di 21 giorni, i ricercatori hanno utilizzato una singola tomografia computerizzata a emissione di fotoni (SPECT), per determinare se la terapia con la  melatonina diminuisce efficacemente la dimensione del cancro al seno umano triplo negativo, impiantato nei modelli di topo e se c’erano cambiamenti nella formazione di nuovi vasi sanguigni.

Inoltre, il volume del tumore è stato misurato ogni settimana e il tessuto tumorale è stato analizzato alla fine del trattamento.

Lo studio ha trovato che nessuno dei topi trattati ha mostrato la perdita di peso e letargia durante il trattamento di 21 giorni; invece, la maggior parte ha mostrato un eccessivo movimento, ma non irritabilità o comportamento aggressivo.

I topi trattati hanno mostrato  tumori significativamente più piccoli dopo 21 giorni, mentre il volume medio del tumore è aumentato significativamente nel gruppo di controllo. E, c’era meno crescita vascolare nei tumori del gruppo trattato.

I risultati sono stati replicati in modelli cellulari.

Lo studio ha dimostrato che la melatonina, somministrata alla concentrazione farmacologica, era in grado di ridurre la vitalità cellulare del carcinoma mammario ER-negativo in vitro.

Questi risultati suggeriscono che la melatonina ha il potenziale come agente terapeutico per il trattamento del cancro al seno.

Gli autori dello studio avvertono, però, che questa ricerca è ancora nelle sue primissime fasi ed i risultati non sono ancora pronti per essere tradotti per l’uso, sul paziente.

Fonte Henry Ford Health System via Medical News

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