HomeSaluteTumori LINFOMI T, PROSPETTIVE DIAGNOSTICHE E TERAPEUTICHE DI UN’ENTITÀ RARA…

LINFOMI T, PROSPETTIVE DIAGNOSTICHE E TERAPEUTICHE DI UN’ENTITÀ RARA…

I linfomi non hodgkin T rappresentano un gruppo molto eterogeneo, con incidenza minore rispetto a quelli a cellule B. Fra i più frequenti, ritroviamo i linfomi a cellule T periferiche (PTCL), che rappresentano circa l’8-10% di tutti i linfomi non Hodgkin e sono caratterizzati da un’ampia variabilità geografica. Trattandosi di linfomi non molto frequenti (7-10 casi/anno in grossi Centri Ematologici) diventa difficile per l’anatomopatologo che non si occupa solo di emolinfopatologia fare diagnosi, portando ad errori che possono talvolta inficiare la terapia. Per questo il consiglio è quello di far valutare il preparato istologico in centri specializzati o, nel caso in cui sia già stata fatta la diagnosi, di inviarlo in revisione in centri di riferimento per l’emolinfopatologia.

Non esiste al momento una terapia di prima linea considerata standard; attualmente lo schema più utilizzato in Italia nei pazienti fino ai 65 anni o anziani FIT  è rappresentato dalla CHOEP (CHOP con l’aggiunta dell’etoposide), eseguita ogni 21 giorni. L’utilizzo dell’autotrapianto come consolidamento più che salvataggio è, sempre più spesso, attuato in coloro che abbiano ottenuto almeno una risposta parziale al trattamento di prima linea. Il problema principale dei linfomi T è rappresentato dalla frequente progressione della malattia in corso di terapia. Si rende assolutamente necessario quindi controllare strettamente il paziente nel corso della cura, monitorizzando i sintomi e l’andamento delle adenopatie per cambiare, nel caso, terapia il più precocemente possibile. Non più del 50-60% dei pazienti giovani diagnosticati con questa patologia giunge al termine della terapia e, quindi, all’autotrapianto di consolidamento.

Poiché più del 60% delle persone con diagnosi di linfoma T ha più di 65 anni, spesso i pazienti non possono essere candidati al trapianto né autologo né allogenico ed è per questo che l’attenzione dell’ematologo e della ricerca  si è spostata nel cercare di migliorare la terapia standard. Negli ultimi anni si sono così sviluppate numerose molecole  per cercare di migliorare la prognosi di queste patologie. Per primo è stato utilizzato l’anticorpo anti-CD52 (Campath); tale marcatore purtroppo non è presente allo stesso modo nelle cellule malate e inoltre la terapia è gravata da un alto tasso di tossicità ematologiche.

Altri farmaci  recentemente in sperimentazione in molti centri ematologici italiani e internazionali sono: la romidepsina,  farmaco che, in un futuro prossimo, si spera poter associazione alla CHOEP; l’alisertib e il crizotibnib (per i linfomi ALK positivi), che stanno dando ottimi risultati . Il brentuximab vedotin  e il pralatrexate sono due farmaci molto promettenti, che hanno ottenuto risultati incoraggianti rispettivamente nei linfomi anaplastici e nei PTCL ricaduti/refrattari. Per ultima, la bendamustina, che in un recente lavoro retrospettivo(1) sembra avere un ruolo nel salvataggio di tali patologie. In considerazione della sua scarsa tossicità ematologica e non ematologica, questo chemioterapico potrebbe essere utilizzabile nei pazienti fragili, non candidabili a terapie aggressive, o associabile ad altre molecole.

linfomi T rappresentano un’entità rara. Per tanto tempo sono state orfani di una corretta diagnosi e istologia; oggi in Italia, grazie ai centri di emolinfopatologia e di ematologia di II livello che attuano una corretta diagnosi e che conducono studi prospettici con molecole promettenti, siamo in grado di poter curare meglio e con più attenzione questa categoria di linfomi.

1) Ann Hematol. 2013 Sep;92(9):1249-54. doi: 10.1007/s00277-013-1746-9. Epub 2013 Apr 17.Bendamustine salvage therapy for T cell neoplasms. Zaja F, Baldini L, Ferreri AJ, Luminari S, Grossi A, Salvi F, Zambello R, Goldaniga M, Volpetti S, Fanin R.

Fonte www.tumoridelsangue.it

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