Il cancro che è una delle principali cause di morte in tutto il mondo, nasce dalla rottura di meccanismi essenziali del normale ciclo di vita delle cellule, come il controllo della replicazione, la riparazione del DNA e la morte cellulare. Grazie ai progressi nelle tecniche di sequenziamento genomico, i ricercatori biomedici sono stati in grado di identificare molte delle alterazioni genetiche che si verificano nei pazienti. Fino a poco tempo fa, si pensava che solo le mutazioni del DNA potevano causare il cancro.
In un nuovo studio pubblicato sulla rivista Cell Reports, i ricercatori mostrano che le alterazioni di un processo chiamato splicing alternativo possono anche innescare la malattia.
“Molti geni negli eucarioti superiori codificano per RNA che possono essere tagliati in modi diversi (persino migliaia come nella Drosophila) per generare due o più RNA differenti e, di conseguenza, diversi prodotti proteici in un processo detto appunto splicing alternativo. Difatti, oltre alla scelta di esoni alternativi, alcuni esoni possono essere estesi ed altri addirittura saltati (di proposito). Inoltre, alcuni introni possono essere mantenuti, anziché eliminati, e dar luogo perciò a prodotti proteici ancora differenti“.
Il DNA è il manuale di istruzione per la crescita cellulare, la maturazione, la divisione e persino la morte. La produzione di proteine è un meccanismo regolamentato e complesso: le macchine cellulari leggono il frammento di DNA che costituisce un gene e lo trascrive in RNA per la produzione di proteine. Tuttavia, ogni gene può portare a diverse molecole di RNA mediante splicing alternativo, un meccanismo essenziale per processi biologici multipli che possono essere alterati in condizioni di malattia.
Utilizzando dati da più di 4.000 pazienti affetti da cancro del The Cancer Genome Atlas (progetto TCGA), un team di ricerca guidato da Eduardo Eyras, Professore di ricerca ICREA presso il Dipartimento di Scienze Sperimentali e Salute dell’Università di Pompeu Fabra (DCEXS-UPF) a Barcellona, ha analizzato i cambiamenti di splicing alternativi che si verificano in ciascun paziente affetto da cancro ed ha studiato come questi cambiamenti potrebbero influenzare la funzione dei geni.
I risultati dello studio mostrano che i cambiamenti nello splicing alternativo portano ad una perdita generale dei domini proteici funzionali e in particolare di quei domini relativi a funzioni che sono anche interessate da mutazioni genetiche nei pazienti affetti da tumore .
“Grazie alla nostra precedente ricerca, sappiamo che il tipo e lo stadio del tumore possono essere predetti osservando le alterazioni nello splicing alternativo”, spiega Eyras, responsabile del gruppo di ricerca in Computational RNA Biology del Research Programme on Biomedical Informatics (GRIB). “Con questo nuovo studio, abbiamo scoperto che i cambiamenti nello splicing alternativo che si verificano nelle funzioni delle proteine hanno impatto sul cancro in un modo che è simile a quello precedentemente descritto per le mutazioni genetiche”, aggiunge il ricercatore.
Tutte queste alterazioni nelle funzioni proteiche causano cambiamenti nella morfologia e nella funzione delle cellule, dando loro le caratteristiche delle cellule tumorali, ad esempio un elevato potenziale proliferativo o la capacità di evitare la morte cellulare programmata.
Secondo Adam Godzik, Professore al Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute (SBP) e coautore dello studio: “Questi cambiamenti potenzialmente hanno potere oncogenico nelle cellule, il che significa che hanno la capacità di trasformare una cellula sana in una cellula tumorale. Un aspetto nuovo dello studio è che questi cambiamenti tendono a verificarsi in geni diversi da quelli spesso mutati nel cancro e nei pazienti con un basso numero di geni mutati”.
“Cambiamenti nello splicing alternativo forniscono il cancro di nuovi modi per sfuggire alla regolazione del ciclo di vita cellulare. Pertanto, lo studio dello splicing alternativo apre nuove porte alla ricerca per curare il cancro e può fornire nuove alternative al trattamento di questa malattia”.
Fonte: Università di Pompeu Fabra