HomeSaluteLe terapie del futuro: farmaci che bloccano i radicali liberi alla fonte

Le terapie del futuro: farmaci che bloccano i radicali liberi alla fonte

I ricercatori del  Buck Institute hanno prodotto delle molecole che impediscono la produzione di radicali liberi da parte delle cellule.

Gli scaffali di diversi negozi e farmacie sono affollati di antiossidanti che promettono di sedare i danni da radicali liberi che sono coinvolti in una miriade di malattie umane e nel processo di invecchiamento. Il problema è che gli antiossidanti non sono riusciti a dimostrare benefici in diversi studi clinici e non vi è ancora evidenza certa che potrebbero essere controproducenti.

Il Prof. Martin Brand del Buck Institute in California, pensa che gli attuali approcci per combattere i radicali liberi possono fallire perché si applicano ad un complesso processo metabolico che fornisce energia essenziale per le nostre cellule.

“Piuttosto che strategie per diminuire gli effetti dei radicali liberi, abbiamo sviluppato “un bisturi” che ci permette di impedire la loro produzione”, ha detto il ricercatore.

I risultati della ricerca saranno pubblicati on-line in Cell Metabolism.

( Vedi anche:Invecchiamento: scoperta potente difesa contro i radicali liberi).

I radicali liberi sono prodotti nei mitocondri – gli organelli di conversione dell’ energia che sono abbondanti in quasi ogni tipo di cellula umana. I radicali liberi altamente reattivi, ossidano i costituenti cellulari (da qui l’uso di antiossidanti), vengono scissi come un normale sottoprodotto della bioenergetica cellulare:  si tratta di un processo che sembra aumentare quando le cellule sono stressate, qualcosa che può verificarsi con l’invecchiamento e le malattie.

Una catena di trasportatori di elettroni all’interno dei mitocondri è coinvolta nella produzione sia dei radicali liberi che dell’energia chimica essenziale per la vita. La sfida è stata quella di bloccare i radicali liberi senza spegnere la capacità della cellula di liberare energia. I ricercatori del Buck, in collaborazione con i ricercatori del Genomics Institute of the Novartis Research Foundation (GNF), hanno faticosamente realizzato lo screening di 635.000 piccole molecole per individuare quelle che potevano bloccare la produzione di radicali liberi in un sito specifico pensato per essere una delle principali fonti di radicali liberi.

In questo studio, i ricercatori hanno dimostrato la potenza e la specificità delle molecole che hanno avuto successo e hanno testato i loro effetti in coltura cellulare e modelli dal vivo di malattia. I risultati dimostrano che i composti hanno drasticamente protetto contro il danno da riperfusione in un modello murino di ischemia cardiaca. “La maggior parte dei danni che derivano da attacchi di cuore sopraggiungono quando il flusso di sangue viene ripristinato nel muscolo cardiaco”, ha spiegato il ricercatore. “Questi composti hanno un grande potenziale per lo sviluppo di farmaci che potrebbero essere utilizzati dopo un attacco di cuore o dopo l’inserimento di stent per aprire i vasi sanguigni coronarici bloccati”.

Inoltre, le molecole hanno ridotto i danni ossidativi nelle cellule cerebrali coltivate in bassi livelli di ossigeno; hanno anche ridotto l’iperplasia delle cellule staminali nell’intestino dei moscerini della frutta.

Lo studio offre ai ricercatori un modo per verificare l’ipotesi che il danno ossidativo è specificamente legato alla malattia.

“Per la prima volta siamo in grado di verificare gli effetti dei danni dei radicali liberi nella malattia di Alzheimer, Parkinson, cancro, il diabete di tipo 2 e la degenerazione maculare”, ha spiegato Martin Brand.

Dato che le malattie citate sono tutte associate con l’invecchiamento, la ricerca ora offre ai ricercatori l’opportunità di testare la teoria dei radicali liberi nell’ invecchiamento e spiegare in gran parte il fallimento delle terapie antiossidanti.

“Siamo in grado di cominciare a rispondere agli interrogativi sulla specificità del danno ossidativo. Ora abbiamo uno strumento preciso per scoprire se la teoria è corretta. Siamo in grado di entrare in un sistema biologico che ci consente di adottare misure preliminari per bloccare i radicali liberi”, conclude Martin.

Fonte: Buck Institute

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