Una nuova ricerca che mirava a evidenziare il potenziale delle nuove tecnologie per diagnosticare la malattia, ha suggerito che la realtà virtuale può svolgere un ruolo cruciale nel monitoraggio del morbo di Alzheimer.
Il morbo di Alzheimer è il tipo più comune di demenza. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa 50 milioni di persone nel mondo hanno la demenza.
I medici diagnosticano la demenza in circa 10 milioni di persone ogni anno e il 60-70% di queste nuove diagnosi individuano la malattia di Alzheimer.
Diversi test cognitivi possono valutare la demenza, ma recentemente i ricercatori hanno esplorato il potenziale delle nuove tecnologie per monitorare la condizione.
Un nuovo studio dell’Università di Cambridge nel Regno Unito – i cui risultati appaiono ora nella rivista Brain – mostra che la realtà virtuale (VR) può essere più accurata dei test standard.
Test per problemi di navigazione spaziale
La corteccia entorinale è parte di un “navigatore satellitare” interno che ci aiuta a muoversi e non a perdersi; è anche una delle prime regioni del cervello che la malattia di Alzheimer danneggia.
Il Prof. John O’Keefe, dell’University College London (UCL) nel Regno Unito, ha scoperto questo sistema di posizionamento nel cervello e successivamente ha vinto un premio Nobel in Fisiologia o Medicina.
Poiché gli attuali test cognitivi disponibili non sono in grado di testare le difficoltà di navigazione spaziale di un individuo, un team di ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche dell’Università di Cambridge – in collaborazione con il Prof. Neil Burgess dell’UCL – ha sviluppato un test di navigazione VR.
I ricercatori hanno reclutato 45 persone con deterioramento cognitivo lieve (MCI) e 41 persone sane. Hanno dato a tutti una cuffia VR e hanno chiesto loro di camminare in un ambiente simulato.
Per cercare biomarcatori del morbo di Alzheimer in persone con MCI, i ricercatori hanno prelevato campioni del loro liquido cerebrospinale (CSF). Dodici dei partecipanti sono risultati positivi. Nel complesso, persone affette da deterioramento cognitivo lieve hanno ottenuto risultati peggiori nel test di navigazione rispetto alle persone senza MCI.
Lo studio ha dimostrato che le persone con MCI con marcatori CSF positivi hanno risultati peggiori rispetto a quelle con marcatori CSF negativi. Inoltre, il test di navigazione VR è stato più efficace nel differenziare le persone con MCI a basso e alto rischio di demenza, rispetto ai test standard.
“Questi risultati suggeriscono che un test di navigazione virtuale può essere migliore per identificare la malattia di Alzheimer precoce rispetto ai test che usiamo attualmente nella clinica e negli studi di ricerca”, afferma Dennis Chan, che ha guidato il team di ricerca.
Sviluppare farmaci futuri con l’aiuto della realtà virtuale
La realtà virtuale può anche essere uno strumento utile durante gli studi clinici per lo sviluppo di farmaci futuri. Queste prove di solito comportano test sugli animali. Gli scienziati studiano l’effetto dei farmaci usando labirinti di acqua, in cui i topi devono localizzare piattaforme nascoste sotto le pozze scure.
Se la sperimentazione animale iniziale ha successo, la fase successiva coinvolge i partecipanti umani. Il test di solito include test di memoria di parole e immagini. La differenza tra test sugli animali e sull’uomo rappresenta un grosso problema per le prove perché i risultati sono difficili da confrontare.
“Le cellule cerebrali alla base della navigazione spaziale sono simili nei roditori e negli esseri umani, quindi la sperimentazione della navigazione potrebbe consentirci di superare questo ostacolo negli studi sul morbo di Alzheimer e contribuire a tradurre le scoperte scientifiche di base, in uso clinico”, spiega Chan.
Aggiunge che gli scienziati sono stati interessati ad esplorare il ruolo delle nuove tecnologie nella diagnosi medica, ma la tecnologia VR ha raggiunto solo recentemente il punto in cui gli scienziati si sentono a proprio agio nell’utilizzarlo per i test sugli esseri umani.
Chan e colleghi stanno lavorando per sviluppare app per smartphone e smartwatch che monitorino i cambiamenti nelle attività quotidiane e rilevino i primi segni del morbo di Alzheimer.
“Viviamo in un mondo in cui i dispositivi mobili sono quasi onnipresenti e quindi approcci basati sulle app hanno il potenziale per diagnosticare la malattia di Alzheimer a costi aggiuntivi minimi e su una scala ben oltre quella della scansione cerebrale e di altri approcci diagnostici attuali”.
Fonte, Brain