Più persone potrebbero avere il potenziale di sviluppare la malattia di Huntington, secondo uno studio pubblicato il 22 Giugno 2016 in Neurology, la rivista medica della American Academy of Neurology. Ma l’aumento dell’incidenza si riferisce in modo particolare alle persone che hanno un minor rischio di sviluppare questa malattia ereditaria la cui complessità deriva dal fatto che essa agisce contemporaneamente su più livelli: quello dei movimenti involontari (come di una danza incontrollata, ragion per cui è anche detta còrea, dal greco “danza”), quello della perdita delle capacità cognitive e quello dei disturbi psichiatrici.
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Ecco come la malattia funziona.
La malattia di Huntington è una malattia rara, ereditaria, neurodegenerativa che interessa principalmente il Sistema Nervoso. La causa, scoperta nel 1993, è di origine genetica: si tratta di una mutazione da espansione di un tratto del DNA nel gene HTT, che produce una proteina anomala chiamata huntingtina, che provoca la morte di cellule nervose (neuroni) in alcune aree del cervello.
La malattia viene trasmessa da madre a figlio attraverso la mutazione genetica: si tratta di una lunga sequenza di nucleotidi CAG ripetuti nel gene huntingtina. Il numero di queste ripetizioni determina se qualcuno svilupperà la malattia.
Ognuno di noi ha due copie del gene huntingtina-uno da ciascun genitore. Le persone che hanno 26 o meno ripetizioni di nucleotidi CAG su entrambe le copie del gene, non svilupperanno la malattia, né alcuno dei loro figli. Le persone che hanno una sola copia del gene con 40 o più ripetizioni invece, svilupperanno la malattia e i loro figli avranno 50/50 possibilità di ereditare la mutazione del gene. Avere tra 27 e 39 ripetizioni di nucleotidi CAG è conosciuto come “zona grigia”. Le persone che hanno da 36 a 39 ripetizioni hanno quello che gli scienziati chiamano una “penetranza ridotta” del gene. Essi possono o non possono sviluppare i sintomi della malattia.
Fino ad ora, i ricercatori hanno studiato come questa “penetranza ridotta” è comune soprattutto nelle persone che hanno già i sintomi della malattia e nei loro familiari.
In questo studio, i ricercatori hanno utilizzato nuovi metodi di test genetici per verificare la presenza del gene nella popolazione generale.
Essi hanno studiato i geni di 7,315 persone provenienti da Canada, Stati Uniti e Scozia. Di questi, 18 persone avevano 36 o più ripetizioni di nucleotidi CAG , ossia circa 1 su 400 persone nella popolazione generale che è fino a 10 volte superiore rispetto alle stime precedenti. Tre di queste persone avevano 40 o più ripetizioni del gene, che sono considerate “penetranza completa”. Questo dato è coerente con le stime precedenti.
Lo studio suggerisce inoltre che” la penetranza ridotta” tra le persone con 36 a 38 ripetizioni è più bassa di quanto si pensasse, il che significa che un minor numero di persone in questo gruppo avrebbero sviluppato i sintomi della malattia. Per le persone di età superiore ai 65 anni, i ricercatori stimano che lo 0,2 per cento di quelle con 37 ripetizioni di nucleotidi CAG nel gene huntingtina avrebbe sviluppato i sintomi della malattia, rispetto al 10 per cento che è stato stimato in precedenza. Per le persone con 38 ripetizioni, si stima che il 2,0 per cento oltre i 65 anni avrebbe sviluppato i sintomi, rispetto al 19 per cento stimato in precedenza.
L’autore dello studio Michael R. Hayden, MB ChB, PhD, che è Professore presso la University of British Columbia di Vancouver e anche Presidente della ricerca globale e dello sviluppo e Direttore scientifico della Teva Pharmaceuticals, ha detto, “Non è chiaro il motivo per cui alcune persone con “penetranza ridotta” sviluppano i sintomi della malattia di Huntington già nella mezza età, mentre altre raggiungono la vecchiaia senza sintomi. I fattori genetici e ambientali aggiuntivi possono modificare la probabilità che una persona ha di sviluppare la malattia”.
Hayden ha osservato che, mentre le persone con ridotta penetranza possono essere a rischio relativamente basso di sviluppare la malattia, possono svolgere un ruolo più importante nel trasmettere il gene con “penetranza completa” alla prossima generazione più di quanto precedentemente stimato.
Fonte:Neurosciencenews