Una ricerca italiana presentata al congresso europeo di cardiologia (ESC), a Londra, ha evidenziato che il consumo di caffè è associato a un aumento del rischio di eventi cardiovascolari (soprattutto infarti) nei giovani adulti (soggetti tra i 18 e i 45 anni) con ipertensione lieve.
Lo studio, durato 12 anni, al quale hanno partecipato 17 centri e più di 1200 pazienti – ha trovato un rischio quadruplicato nei forti bevitori di caffè e triplicato nei bevitori moderati. Inoltre, i dati suggeriscono che l’effetto della bevanda sugli eventi cardiovascolari potrebbe essere mediato, almeno in parte, dai suoi effetti a lungo termine sulla pressione sanguigna e il metabolismo del glucosio.
In conferenza stampa, l’autore principale dello studio, Lucio Mos, cardiologo dell’ospedale di San Daniele del Friuli (Udine), ha spiegato che gli effetti cardiovascolari e metabolici a lungo termine del consumo di caffè nei pazienti con ipertensione, sono ancora dibattuti.
Nel loro studio, chiamato HARVEST, Mos e colleghi hanno cercato di valutare se il consumo di caffè ha qualche effetto sul rischio di eventi cardiovascolari e se l’eventuale associazione sia mediata da effetti sulla pressione arteriosa e sul metabolismo del glucosio.
La ricerca ha coinvolto 1201 pazienti non diabetici di età compresa tra 18 e 45 anni, che presentavano ipertensione in stadio 1 (pressione sistolica compresa tra 140 e 159 mmHg e/o diastolica compresa tra 90 e 99 mmHg), non trattata.
Il consumo di caffè è stato classificato in base al il numero di tazze di caffè (non decaffeinato) bevute ogni giorno giorno e i partecipanti sono stati suddivisi in tre gruppi: non bevitori, bevitori moderati (da una a tre tazze al giorno) e forti bevitori (quattro o più tazze al giorno).
Nel campione studiato, il 26,3% dei pazienti non beveva caffè, il 62,7% era un bevitore moderato e il 10% un forte bevitore. Inoltre, i bevitori di caffè erano più anziani e con un indice di massa corporea superiore rispetto a coloro che non ne bevevano.
Le analisi hanno evidenziato una relazione lineare tra consumo di caffè e rischio di ipertensione tale da dover essere trattata, relazione risultata statisticamente significatività nel caso dei forti bevitori.
Dato che i pazienti ipertesi finiscono spesso per sviluppare diabete di tipo 2, il team italiano ha esaminato anche l’effetto a lungo termine del consumo di caffè sul rischio di sviluppare prediabete, trovando una relazione lineare e un aumento del 100% del rischio di prediabete nei forti bevitori della bevanda rispetto ai non bevitori.
Tuttavia, è emerso che il rischio di prediabete correlato al consumo di caffè differiva in base al genotipo del gene CYP1A2, da cui dipende il fatto di essere metabolizzatori lenti o veloci della caffeina. Il rischio di prediabete, infatti, è risultato aumentato in modo significativo solo nei metabolizzatori lenti, con un hazard ratio (HR) pari a 2,78 (IC al 95% 1,32-5,88, P = 0,0076) per i forti bevitori di caffè.
“Bere caffè aumenta il rischio di prediabete nei giovani adulti con ipertensione che sono metabolizzatori lenti della caffeina” ha detto Mos in conferenza stampa, aggiungendo che questi soggetti “sono più esposti agli effetti negativi della caffeina sul metabolismo del glucosio. Il rischio è ancora maggiore se sono in sovrappeso o obesi, e se sono forti bevitori di caffè. Pertanto, l’effetto del caffè sul rischio di sviluppare prediabete dipende dalla quantità di caffè bevuta ogni giorno e dal background genetico”.
Durante i 12,5 anni di follow-up, riferiscono gli autori, ci sono stati 60 eventi cardiovascolari, di cui circa l’80% infarti e il restante 20% comprendente ictus, arteriopatia periferica e insufficienza renale. In base all’analisi multivariata (che ha tenuto conto di altri fattori legati allo stile di vita, età, sesso, morbilità cardiovascolare dei genitori, indice di massa corporea, colesterolo totale, pressione arteriosa ambulatoriale nelle 24 ore, frequenza cardiaca ambulatoriale nelle 24 ore e variazioni del peso corporeo durante il follow-up), il consumo di caffè è risultato un fattore predittivo indipendenti di eventi cardiovascolari sia nei forti bevitori (HR 4,3; IC al 95% 1,3-13,9) sia nei bevitori moderati (HR 2,9; IC al 95% 1,04-8,2).
Includendo nell’analisi multivariata anche lo sviluppo successivo di prediabete, l’associazione tra consumo di caffè e rischio di eventi cardiovascolari è risultata al limite della significatività per i forti bevitori della bevanda (HR 3,2; IC al 95% 0,94-10,9) e non più significativa per i bevitori moderati (HR 2,3; IC al 95% 0,8-6,5 ).
“Il nostro studio dimostra che vi è un’associazione lineare tra caffè e un aumento del rischio di eventi cardiovascolari nei giovani adulti con ipertensione lieve” ha concluso Mos. “Questo rapporto sembra essere almeno parzialmente mediato dall’effetto a lungo termine del caffè sulla pressione sanguigna e sul metabolismo del glucosio. Pertanto, questi pazienti devono essere consapevoli del fatto che bere caffè può aumentare il rischio di sviluppare un’ipertensione più grave e diabete in età avanzata e dovrebbero ridurre al minimo il consumo giornaliero della bevanda”.
Figure 1: Risk of hypertension development according to coffee drinking
Figure 2: Risk of prediabetes development according to coffee drinking