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Sotto i riflettori le eparine a basso peso molecolare per trattare pazienti COVID 19. Dall’ AIFA tutte le informazioni

Immagine: CCO Public Domain

In considerazione dell’assenza di terapie di provata efficacia per COVID-19, si ritiene indispensabile fornire ai clinici elementi utili ad orientare la prescrizione e a definire, per ciascun farmaco utilizzato, un rapporto fra i benefici e i rischi sul singolo paziente.

Inquadramento

Le eparine a basso peso molecolare (EBPM) sono glicosaminoglicani ottenuti per frazionamento dell’eparina. Sono utilizzate nella profilassi del tromboembolismo venoso post chirurgico e del tromboembolismo venoso in pazienti NON chirurgici affetti da una patologia acuta (come ad esempio insufficienza cardiaca acuta, insufficienza respiratoria, infezioni gravi o malattie reumatiche) e mobilità ridotta ad aumentato rischio di tromboembolismo venoso. Sono inoltre utilizzate nel trattamento della trombosi venosa profonda e dell’embolia polmonare e della sindrome coronarica acuta. Solo enoxaparina ha l’indicazione nella profilassi del tromboembolismo venoso dei pazienti non chirurgici; la dose raccomandata in RCP è di 40 mg (4.000 U) al giorno sc per almeno 6-14 giorni.

Perché alcune fonti indicano il farmaco come utile nella cura di COVID 19?

Il decorso clinico di COVID-19 sta sempre più nettamente delineando l’esistenza di 3 distinte fasi cliniche della malattia: 1.una fase iniziale durante la quale il virus si replica all’interno delle cellule dell’ospite. Tale fase si caratterizza clinicamente per la presenza di malessere generale, febbre e tosse secca. I casi in cui si riesce a bloccare l’infezione in questo stadio hanno un decorso assolutamente benigno. 2.La malattia può poi evolvere verso una seconda fase caratterizzata da alterazioni morfo-funzionali a livello polmonare causate sia dagli effetti diretti del virus sia dalla risposta immunitaria dell’ospite. Tale fase si caratterizza per un quadro di polmonite interstiziale molto spesso bilaterale associata, ad una sintomatologia respiratoria che nella fase precoce è stabile e senza ipossiemia, ma che può successivamente sfociare verso una progressiva instabilità clinica. 3.Tale scenario, in un numero limitato di persone, può evolvere verso un quadro clinico ingravescente dominato dalla tempesta citochinica e dal conseguente stato iperinfiammatorio che determina conseguenze locali e sistemiche e rappresenta un fattore prognostico negativo producendo, a livello polmonare, quadri di vasculopatia arteriosa e venosa con trombizzazione dei piccoli vasi ed evoluzione verso lesioni polmonari gravi e talvolta permanenti (fibrosi polmonare). Le fasi finali di questo gravissimo quadro clinico portano ad una ARD grave e in alcuni casi alla CID. In tale fase si è osservata un’alterazione progressiva di alcuni parametri infiammatori quali PCR, ferritina, e citochine pro-infiammatorie (IL2, IL6, IL7, IL10, GSCF, IP10, MCP1, MIP1A e TNFα) e coagulativi quali aumentati livelli dei frammenti di degradazione della fibrina come il D-dimero, consumo di fattori della coagulazione, trombocitopenia, ecc. Tale quadro, sia sul piano clinico che dal dal punto di vista ematochimico è simile a quello della linfoistiocitosi emofagocitica (quadro clinico raro spesso scatenato da una infezione virale). Mentre le scelte terapeutiche della prima fase e della seconda fase iniziale (IIA) dovrebbero mirare al contenimento della crescita virale, nella seconda fase avanzata (IIB) e nella terza fase della malattia l’obiettivo dovrebbe essere il contenimento dell’iperinfiammazione e delle sue conseguenze utilizzando farmaci biologici che bloccano la cascata citochinica e verosimilmente anche il cortisone, le EBPM o le eparine non frazionate a dosi terapeutiche sfruttando le loro proprietà anticoagulanti e non solo.

È stato dimostrato che scelte terapeutiche tempestive possono migliorare l’esito clinico. (Tratto da Hasan K. et Al. Apparirà in: Journal of Heart and Lung Transplantation. Si veda la bibliografia). In tale complesso quadro le EBPM si collocano:

nella fase iniziale della malattia quando è presente una polmonite e si determina una ipomobilità del paziente con allettamento. In questa fase l’EBPM dovrà essere utilizzata a dose profilattica allo scopo di prevenire il tromboembolismo venoso.

Nella fase più avanzata, in pazienti ricoverati per contenere i fenomeni trombotici a partenza dal circolo polmonare come conseguenza dell’iperinfiammazione. In tale caso le EBPM dovranno essere utilizzate a dosi terapeutiche.

Quali prove di efficacia e sicurezza abbiamo a disposizione?

Studi clinici

Un’analisi retrospettiva su 415 casi consecutivi di polmonite grave in corso di COVID-19 (erano definiti gravi i pazienti con almeno una delle seguenti caratteristiche: FR >30 respiri/min; SpO2<93% a riposo; PaO2/FiO2 <300 mmHg) ricoverati nell’ Ospedale di Wuhan suggerisce che nei pazienti in cui si dimostra l’attivazione della coagulazione, la somministrazione di eparina (non frazionata o EBPM) per almeno 7 giorni potrebbe determinare un vantaggio in termini di sopravvivenza. L’effetto terapeutico positivo sarebbe evidente solo in quei pazienti che mostrano un livello molto elevato di D-dimero (6 volte i valori massimi superiori) o un punteggio elevato in una scala di “coagulopatia indotta da sepsi” (SIC score > 4) che considera parametri di laboratorio e clinici. Nei trattati con eparina con valori di D-dimero nella norma è stata osservato un maggior numero di eventi avversi emorragici. Questo studio presenta una serie importante di limiti (è retrospettivo, presenta bias di selezione rispetto alle terapie associate ecc.), ma rappresenta l’unico elemento conoscitivo ad oggi disponibile.

Per quali pazienti è eventualmente raccomandabile?

Indirizzo terapeutico

L’uso delle eparine a basso peso molecolare nella profilassi degli eventi trombo-embolici nel paziente medico con infezione respiratoria acuta e ridotta mobilità è raccomandato dalle principali LG e deve continuare per l’intero periodo dell’immobilità. L’enoxaparina è indicata per tale uso clinico alla dose di 40mg/die (4.000UI). L’uso delle EBPM nei casi gravi di CoViD-19 (definiti nello studio per la presenza di almeno una delle seguenti caratteristiche: FR >30 respiri/min; SpO2<93% a riposo; PaO2/FiO2 <300 mmHg) può essere considerato nei pazienti che presentano livelli di D-dimero molto superiori alla norma (4-6 volte) e/o un punteggio dello score SIC > 4.Poiché tale indicazione si basa su evidenze molto preliminari, essa può essere considerata solo dopo un’attenta valutazione caso per caso. È importante inoltre considerare che lo studio retrospettivo sopra descritto indica che nei pazienti che non mostrano pari livelli di attivazione della coagulazione, la somministrazione di eparina non apporta benefici, ma potrebbe anche indurre un peggioramento. L’effetto negativo è particolarmente evidente nei pazienti che mostrano livelli di D-dimero nei limiti della norma. Poiché l’uso terapeutico delle EBPM sta entrando nella pratica clinica sulla base di evidenze incomplete e con importanti incertezze anche in merito alla sicurezza, si sottolinea l’urgente necessità di studi randomizzati che ne valutino efficacia clinica e sicurezza.

Quali sono i maggiori rischi in termini di reazioni avverse?

Avvertenze (da scheda tecnica)Tra gli eventi avversi comuni a tutte le EBPM: emorragia, trombocitopenia, trombocitosi, reazione allergica, cefalea, aumento degli enzimi epatici, orticaria, prurito, eritema, ematomi, dolore o altre reazioni nel sito di iniezione. Per una disamina completa si rimanda alle rispettive schede tecniche.

Studi in corso in Italia

Si veda apposita sezione nel sito di AIFA https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1131319/covid-19_sperimentazioni_in_corso_27.03.2020.pdf/b2391ba 7920-0945-51a1-66db453053cf

Fonte: AIFA

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