I batteri possono comunicare tra di loro come mezzo di costruzione di una resistenza agli antibiotici , secondo un nuovo studio pubblicato in PLoS ONE.
Lo studio, realizzato da Miguel Valvano e Omar El-Halfawy, rivela che quando il numero di cellule resistenti agli antibiotici aumenta nella popolazione batterica, piccole molecole sono condivise con cellule meno resistenti, diffondendo la resistenza agli antibiotici.
El-Halfawy spiega: “Queste piccole molecole possono essere utilizzate e prodotte da quasi tutti i batteri con limitate eccezioni, in modo da poter considerare queste piccole molecole come linguaggio universale che può essere compreso dalla maggior parte dei batteri.”
I ricercatoridella Western University in Canada hanno scoperto che batteri come Burkholderia cenocepacia, una causa di infezioni gravi in pazienti con fibrosi cistica (CF) o con sistema immunitario più debole,sono in grado di eseguire una comunicazione chimica.
I ricercatori spiegano che la sovrapproduzione di piccole molecole da parte di alcuni batteri come la Burkholderia cenocepacia , protegge le cellule più sensibili, così come altri batteri, tra cui il E. coli e lo Pseudomonas aeruginosa.
El-Halfawy aggiunge: “L’altro modo in cui la Burkholderia comunica il suo alto livello di resistenza è rilasciando piccole proteine letali che vengono assorbite e che si legano agli antibiotici, riducendo in tal modo la loro efficacia.”
Fonte PLoS ONE 8 (7): e68874. doi: 10.1371/journal.pone.0068874
La resistenza agli antibiotici è un problema ampiamente studiato. Dati precedenti del Centro europeo per la prevenzione e controllo delle malattie (ECDC), mostrano che circa 25.000 persone muoiono nell’Unione europea ogni anno, per infezioni batteriche resistenti agli antibiotici.
I dati ECDC rivelano che vi è stato un recente aumento di resistenza combinata a diversi antibiotici di diversi batteri tra cui E. coli e Klebsiella pneumoniae, in oltre un terzo dei paesi europei.
Nel gennaio 2013, il capo ufficiale medico dell’Inghilterra Sally Davies, ha avvertito che entro i prossimi 20 anni non ci saranno più antibiotici disponibili che possono trattare le operazioni di routine, a causa del problema della resistenza agli antibiotici.
“Il passo successivo di questo studio” spiega il ricercatore Valvano, “è quello di trovare un modo per affrontare la resistenza dei batteri agli antibiotici. I risultati della nostra ricerca aprono la strada alla possibilità di progettare nuovi farmaci per bloccare gli effetti di queste sostanze chimiche, riducendo l’onere della resistenza antimicrobica “.