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I batteri intestinali sono collegati al successo o al fallimento del trapianto cardiaco

In un nuovo studio, i ricercatori della School of Medicine dell’Università del Maryland (UMSOM) hanno scoperto che il microbioma intestinale sembra giocare un ruolo chiave nel modo in cui il corpo accetta un cuore trapiantatoGli scienziati hanno scoperto una relazione causale tra la presenza di alcuni microbi nell’intestino e l’esito del trapianto.

I risultati di questo studio hanno il potenziale per cambiare significativamente il modo in cui ricercatori e medici affrontano il problema del rigetto e del trapianto. Questo è il primo studio che identifica specifiche specie batteriche che possono influenzare il rifiuto di un trapianto di cuore.

Il nuovo studio è stato pubblicato oggi sul Journal of Clinical Investigation Insight.

Uno dei due autori principali dello studio, Emmanuel Mongodin, Professore associato di microbiologia e immunologia presso l’UMSOM Institute for Genome Sciences, ha affermato che la ricerca ha il potenziale per “trasformare il trapianto”. “Dal nostro lavoro precedente sospettavamo che il microbioma potesse avere un effetto sul modo in cui gli organi trapiantati sono accettati dal corpo”, afferma il Prof. Mongodin. “Questo lavoro mostra chiaramente che esiste una connessione tra questi microbi intestinali e la risposta del corpo al nuovo organo“.

( Vedi anche: Il segreto della longevità è nel microbioma e nell’intestino).

Il collegamento tra il cuore trapiantato e il microbioma è il sistema immunitario. 

Molti ricercatori hanno notato che il microbioma svolge un ruolo chiave nel sistema immunitario, attivandolo o riducendo la sua attività, a seconda delle specie batteriche.

Alcuni batteri nel microbioma possono innescare segnali pro- o anti-infiammatori e questi segnali possono a loro volta influenzare il modo in cui il sistema immunitario risponde all’organo trapiantato.

Il rigetto d’organo rimane un problema urgente nel trapianto. Nonostante intense ricerche, negli ultimi 20 anni ricercatori e medici non sono stati in grado di migliorare il tasso di rigetto a lungo termine degli organi, il rifiuto degli organi che si verifica tra cinque e otto anni dopo il trapianto.

La ricerca è iniziata con Jonathan S. Bromberg, Professore di chirurgia, microbiologia e immunologia presso laa UMSOM. Il Dr. Bromberg, l’altro autore principale dello studio, è un chirurgo che ha trapiantato centinaia di organi nel corso della sua carriera, quindi conosce molto bene il problema del rifiuto. Diversi anni fa ha iniziato a chiedersi quali altre variabili avrebbero potuto spiegare perchè si verifica un rifiuto a lungo termine e ha iniziato a guardare al microbioma.

“Più osservavo e più sembrava che potesse esserci qualcosa”, ha detto il Dottor Bromberg. “Il sistema immunitario è profondamente intrecciato con il nostro microbioma intestinale e ho voluto esplorare questa connessione in modo più approfondito.” Il Dr. Bromberg ha iniziato a collaborare con il Dr. Mongodin che ha trscorso gran parte della sua carriera a studiare il microbioma.

In un modello animale, i due scienziati hanno dimostrato che, regolando il microbioma, si potevano migliorare l’esito del trapianto cardiaco. Hanno identificato specie specifiche che sembrano avere un effetto benefico o dannoso sul trapianto. Ad esempio, particolari ceppi di bifidobatteri sembrano avere un effetto antiinfiammatorio e benefico sui risultati del trapianto. I ricercatori sospettano che questo processo possa essere simile per altri organi, come i reni. 

“Il prossimo passo”, dicono, “sarà quello di concentrarsi sui meccanismi alla base di questi effetti”.

Fonte: EurekAlert

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