I ricercatori hanno sviluppato una terapia genica antiossidante che rallenta la morte delle cellule cono e prolunga la visione in modelli murini di degenerazione retinica.
Lo studio, che è stato realizzato da un team di ricerca della Harvard Medical School, guidato dal genetista Connie Cepko e dal ricercatore Wenjun Xiong, apre la strada a nuove opzioni di trattamento per le persone con cecità ereditaria progressiva, come la retinite pigmentosa, così come altre malattie che coinvolgono il danno ossidativo.
” Le persone che ereditano i geni della malattia che portano alla cecità, perderanno inevitabilmente la vista e attualmente non esistono buone terapie per la condizione. Stiamo cercando di capire come queste malattie provocano la morte dei fotorecettori per trovare un modo per salvarli”, ha detto Cepko, Professore di Genetica e Neuroscienze presso la HMS.
I fotorecettori sono neuroni specializzati che si trovano sulla retina. La luce che arriva sul fondo dell’occhio viene tradotta in segnali bioelettrici che giungono al cervello attraverso il nervo ottico. Esistono due tipi di fotorecettori: coni e bastoncelli. I coni si concentrano sulla zona centrale della retina, la fovea, e sono deputati alla visione dei colori e alla visione distinata, i bastoncelli sono impiegati nella visione al buio e sono situati nella zona periferica della retina.
In malattie come la retinite pigmentosa, l’ossigeno in eccesso causa danni a queste cellule. I ricercatori hanno cercato di rallentare, se non impedire, la perdita della vista in laboratorio, utilizzando modelli murini della condizione e stimolando proprietà antiossidanti delle cellule.
La terapia genica utilizzata da Cepko e dal suo team per prolungare la vita dei fotorecettori ha anche rallentato la morte delle cellule gangliari in un modello murino di schiacciamento dei nervi che imita condizioni umane come il glaucoma e lesioni del midollo spinale.
I risultati dello studio indicano che la terapia genica può essere utile per combattere il danno ossidativo in diversi tipi di cellule.
Lo studio è stato pubblicato nel mese di marzo dalla rivista Journal of Clinical Investigation.
Gli scienziati hanno in precedenza osservato che esiste un danno ossidativo nella degenerazione retinica, ma non sono in grado di contrastarlo. In studi clinici, le persone affette da degenerazione retinica sono state trattate con alte dosi di antiossidanti, ma i risultati non sono stati molto promettenti. ” E’ probabile che questi trattamenti falliscono perchè la barriera emato-retinica impedisce agli antiossidanti di raggiungere l’occhio. Inoltre, fornire alte dosi di antiossidanti a tutto il corpo, può causare effetti collaterali negativi in quanto l’ossidazione gioca un ruolo importante in molti processi biologici normali”, ha detto Wenjun Xiong che è il primo autore dell’articolo.
La squadra di Cepko ha sviluppato un trattamento che aggira tutti questi problemi. In primo luogo i ricercatori hanno aumentato l’attività antiossidante delle cellule non trattando i topi con antiossidanti, ma fornendo loro copie di geni che combattono il danno ossidativo.
Per raggiungere questo obiettivo il team ha consegnato i geni, confezionati in un involucro virale, direttamente negli occhi dei topi.
” Questa tecnica ci ha offerto un modo più diretto e potente di regolare l’ossidazione”, ha spiegato Cepko.
I ricercatori hanno scelto tre modelli di topo di laboratorio, ognuno dei quali aveva una delle centinaia di mutazioni che causano la degenerazione retinica negli esseri umani. I topi presentavano tassi veloci, moderati e lenti di degenerazione retinica.
Il team ha testato diversi tipi di geni antiossidanti, separatamente e insieme, in ogni modello di topo per cercare di salvare il maggior numero possibile di fotorecettori cono. I ricercatori hanno trovato una coppia di geni che produce enzimi SOD2 e catalasi, che spazzano particolari specie reattive dell’ossigeno dalle cellule e altri due geni chiamati Nrf2 e Pgc1a che sono fattori di trascrizione che accendono centinaia di altri geni tra cui molti antiossidanti.
Nfr2 ha funzionato meglio: i coni sono vissuti più a lungo e mantenuto le loro forme normali nei topi trattati, rispetto ai topi non trattati. Inoltre, per verificare se questo risultato significava una migliore visione, il team ha messo i topi in camere con stimoli visivi e verificato le loro reazioni. Il risultato è stato che Nfr2 ha rallentato il deterioramento visivo.
SOD2 e catalasi, utilizzati in combinazione, hanno dato anche buoni risultati e si sono dimostrati efficaci. I ricercatori sono invece rimasti sorpresi dagli effetti di Pgc1a che non ha prolungato la vita dei fotorecettori cono, ma accelerato la loro morte.
Nessuno dei trattamenti è stato in grado di restituire la vista ai topi, tuttavia, i risultati offrono la speranza che lo sviluppo di terapie geniche antiossidanti può essere un modo nuovo per curare i pazienti umani.
Nrf2 da solo e SOD2 e catalasi in combinazione, hanno allo stesso modo migliorato la sopravvivenza delle cellule gangliari della retina, nel modello murino di schiacciamento dei nervi.
Lo studio ha dimostrato che la terapia genica è in grado di lavorare su tre diverse mutazioni della degenerazione retinica nei topi e questo fa sperare che essa poss funzionare per alcune o tutte le altre mutazioni che causano la malattia e altre forme di degenerazione della retina, negli umani, come malattie neurodegenerative, degenerazione maculare, lesioni del midollo spinale e sclerosi laterale amiotrofica.
” Pensiamo che i vettori possono lavorare in qualsiasi tipo di cellule”, ha detto Cepko.
Il guscio virale utilizzato per fornire i geni, virus adeno-associati o AAv, ha dimostrato di essere sicuro per l’uso in occhi umani.
” Ci vorranno ancora molti passi prima di tradurre i risultati sugli esseri umani. Gli occhi umani sono 10 volte più grandi di quelli dei topi ed i tempi di consegna devono essere testati. Inoltre, la maggior parte delle persone non sa di essere affetta da degenerazione retinica se non qunado i fotorecettori sono già morti o stanno morendo”.
Cepko e la sua squadra, sono alla ricerca di altre strategie che possono combinare con la terapia genica, come la terapia optogenetica o la terapia con cellule staminali. ” La mia sensazione è che avremo bisogno di una combinazione di terapie per la duratura sopravvivenza dei fotorecettori. Sarà una strada lunga, ma non senza speranza”, ha concluso il ricercatore.
Fonte: http://medicalxpress.com/news/2015-03-gene-therapy-vision-loss-mouse.html