Immagine: una micrografia confocale di retina di topo raffigurante lo strato di fibre ottiche. Credit: immagine gentilmente concessa dal Centro Nazionale per la Microscopia e Imaging Research, UC San Diego.
“La retinite pigmentosa è una patologia che appartiene a un gruppo di malattie ereditarie caratterizzate da una degenerazione progressiva della retina in entrambi gli occhi. Provoca la perdita graduale della visione notturna e del campo visivo periferico, ma agli ultimi stadi si può verificare anche una perdita della visione centrale. A causa della retinite pigmentosa si verifica una perdita dell’acutezza visiva, con un progressivo restringimento del campo visivo, che può progredire fino all’ipovisione e, nei casi più gravi, alla cecità.
“I fotorecettori sono neuroni specializzati che si trovano sulla retina e sono di due tipi: coni e bastoncelli. I coni si concentrano nella zona centrale della retina (la foeva) e sono deputati alla visione dei colori (fotopica) e alla visione distinta. I bastoncelli, invece, sono più sensibili al movimento, sono impiegati per la visione al buio (scotopica) e si concentrano nella zona periferica della retina. Nella retina esistono circa 131 milioni di fotorecettori”.
Utilizzando l’editing genetico CRISPR–Cas9, i ricercatori della University of California San Diego School of Medicine e Shiley Eye Institute presso la UC San Diego con i colleghi della Cina, hanno riprogrammato i bastoncelli mutati affinchè diventassero funzionanti fotorecettori cono, hanno invertito la degenerazione cellulare e ripristinato la funzione visiva in due modelli murini di retinite pigmentosa.
I risultati dello studio sono stati pubblicati oggi, dalla rivista Cell Research.
Nella retinite pigmentosa, mutazioni genetiche causano delle disfunzioni e degenerazioni ai foto recettori. I sintomi iniziali sono la perdita della visione periferica e perdita della visione notturna, seguiti da acuità visiva e percezione del colore diminuite.
( Vedi anche: La retinite pigmentosa può essere trattata riprogrammando il metabolismo degli zuccheri nei fotorecettori ).
Il team, guidato da Kang Zhang, Direttore e fondatore dell’ Institute for Genomic Medicine e co-Direttore dell’ Institute of Engineering in Medicine, alla UC San Diego School of Medicine, ha utilizzato CRISPR / Cas9 per disattivare un interruttore genetico chiamato Nrl e un fattore di trascrizione chiamato Nr2e3.
La tecnica di editing genetico CRISPR-Cas9 sfrutta il sistema di difesa antivirale di alcuni batteri a cui è associata una proteina (Cas9) che taglia i filamenti di DNA in punti precisi, modificando specifici geni con una facilità senza precedenti.
CRISPR, che sta per Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, ha permesso ai ricercatori di indirizzare tratti specifici del codice genetico e modificare il DNA in punti precisi, modificando e selezionando le funzioni del gene. La disattivazione di NRL o Nr2e3 ha riprogrammato i bastoncelli in cellule cono.
“Le cellule cono sono meno vulnerabili alle mutazioni genetiche che causano la retinite pigmentosa”, ha spiegato Zhang. “La nostra strategia era quella di utilizzare la terapia genica per rendere irrilevanti le mutazioni alla base della malattia, con la conseguente conservazione del tessuto e della visione”.
Gli scienziati hanno testato il loro approccio in due diversi modelli murini di retinite pigmentosa. In entrambi i casi, hanno trovato un’abbondanza di cellule cono riprogrammate e l’ architettura cellulare delle retine ben conservata. Test di elettroretinografia in topi vivi hanno mostrato un miglioramento della funzione della retina dopo il trattamento.
Un recente studio indipendente condotto da Zhijian Wu, del National Eye Institute, parte del National Institutes of Health, ha raggiunto risultati simili.
I ricercatori hanno utilizzato il virus adeno-associato (AAV) per eseguire la terapia genica. “AAV è il virus che causa il comune raffreddore ed è stato utilizzato con successo in molti trattamenti di terapia genica”, ha detto Zhang. “Studi clinici sull’uomo potrebbero essere pianificati subito dopo il completamento di questo studio preclinico. Non esiste attualmente un trattamento per la retinite pigmentosa. Il nostro approccio, oltre ad offrire nuova speranza ai pazienti affetti da retinite pigmentosa, può avere ampia applicazione anche in altre malattie umane, tra cui il cancro”.
Fonte: UC San Diego