Limitare l’assunzione di cibo, senza morire di fame, estende in modo consistente la durata della vita in più di 20 specie di animali tra cui i primati, ma come questo funziona per rallentare l’invecchiamento non è ancora chiaro.
In un nuovo studio pubblicato in PLOS Genetics, i neuroscienziati della Florida Atlantic University hanno dimostrato che non è solo ciò o quanto si mangia che conta. Oltre all’assunzione di calorie, anche l’odore del cibo potrebbe influenzare il processo di invecchiamento.
Utilizzando un piccolo verme chiamato C. elegans, questi ricercatori sono stati i primi a dimostrare come l’ autofagia, un processo di smaltimento dei rifiuti in cui le cellule “mangiano” i detriti che producono attraverso il metabolismo di base, combinata con l’assorbimento degli alimenti attraverso il tratto gastrointestinale (GI) e l’odore del cibo attraverso i neuroni olfattivi, influenza il processo di invecchiamento principalmente attraverso la restrizione dietetica.
Questo studio rivela che l’autofagia è una componente essenziale di un percorso neuroendocrino che consente ai neuroni sensoriali e ai livelli di nutrienti di lavorare insieme per influenzare la durata della vita. L’autofagia, inoltre, riduce anche il percorso di segnalazione del fattore di crescita insulino simile (IGF-1 insuline-like growth factor), conosciuto anche con il nome di somatomedina, (un ormone di natura proteica con una struttura molecolare simile a quella dell‘insulina), parte di un sistema complesso che le cellule utilizzano per comunicare con il loro ambiente fisiologico.
Queste nuove scoperte potrebbero contribuire a comprendere meglio il processo di invecchiamento umano, prolungare la durata della vita e aiutare a sviluppare trattamenti per malattie come l’obesità.
“Abbiamo scoperto che l’autofagia funziona sia nel cervello che nell’intestino per mediare la comunicazione tra il tratto gastrointestinale e il cervello. Abbiamo cercato di capire come questa interazione influenza l’invecchiamento”, ha dichiarato Kailiang Jia, autore dello studio e Professore associato di scienze biologiche presso il Collegio della Scienza Charles E. Schmidt della FAU e membro del Brain Institute della FAU.
Jia e Justin Minnerly, sospettano che sia le caloriecombinazione del cibo con il suo odore, influenzano il processo di invecchiamento attraverso la restrizione dietetica.
Dice Jia: “Non sono solo le calorie che contano, ma anche l’odore di cibo può influenzare la funzione del cervello e del tratto gastrointestinale”.
La ricerca precedente sui moscetrini della frutta, conferma questa ipotesi. Quando erano a dieta ristretta, le mosche della frutta vivevano più a lungo.
“Se vuoi prolungare la durata della vita di qualsiasi animale, dopo aver limitato la dieta, devi avere un’autofagia funzionale in questo animale, altrimenti non vedrai l’effetto della estensione della vita”, ha detto Jia. ” L’autofagia nel tratto gastrointestinale è necessaria per questo meccanismo di estensione della vita che indica che le sostanze nutritive che assorbiamo nel tratto GI regolano anche l’autofagia che, a sua volta, controlla il processo di invecchiamento “.
( Vedi anche: Scoperte cellule cerebrali che controllano l’ invecchiamento).
Ci sono diverse ipotesi sul perché limitare le calorie estende la durata della vita e la maggior parte dei medici e scienziati credono oggi che la dieta o le restrizioni caloriche regolano il metabolismo e la fisiologia del corpo umano a livello cellulare.
“Ora sappiamo quali meccanismi sono responsabili del processo di invecchiamento e l’autofagia è uno di questi”, ha detto Jia. “Così potenzialmente, l’autofagia nel neurone olfattivo, almeno nel verme, può attraverso l’odore di cibo, secernere segnali di neuroni, che a loro volta influenzano il processo di invecchiamento”.
Ora che Jia e il team di ricerca hanno dimostrato che l’autofagia è coinvolta nel processo di invecchiamento, devono capire quali proteine regolano questo processo. Inoltre prevedono di stabilire un protocollo per cercare inibitori e attivatori dell’ autofagia.
I ricercatori sperano infine di sviluppare trattamenti per l’obesità e altre malattie come il cancro e le malattie neurodegenerative.
“L’autofagia può essere attivata e potenziata quando si limitano le calorie e possiamo realmente vedere il processo di autofagia attivato attraverso la restrizione calorica”, ha spiegato Jia. “Con la malattia, quando diminuisci l’autofagia, il processo della malattia è esacerbato e quando l’aumenti otterrai l’effetto opposto”.
Fonte: PLOS Genetics