HomeSaluteTumoriCancro al seno: la vitamina D aumenta la sopravvivenza

Cancro al seno: la vitamina D aumenta la sopravvivenza

Il cancro al seno è la forma più comune di cancro nelle donne, indipendentemente dall’appartenenza etnica o razza. Precedenti ricerche hanno suggerito che la vitamina D può avere un effetto positivo nella terapia anticancro e un nuovo studio mette in relazione i tassi di sopravvivenza del cancro al seno con i livelli di vitamina D.

I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) riferiscono che negli Stati Uniti, circa 220.000 donne vengono diagnosticate con tumore al seno, ogni anno. Nel 2013, circa 230,815 donne sono state diagnosticate con il cancro al seno e 40.860 sono morte a causa della malattia.

I ricercatori hanno in precedenza suggerito che la vitamina D potrebbe essere utile nel trattamentodel cancro.

( Vedi anche:Colpire il metabolismo del cancro al seno per combattere la malattia).

Alcuni studi hanno suggerito che il metabolita attivo della vitamina D – noto come calcitriolo – ha proprietà anticancro. La somministrazione di calcitriolo ai topi, ha mostrato di arrestare la proliferazione e la crescita delle cellule tumorali, ridurre la formazione dei vasi sanguigni nel tumore e stimolare la morte cellulare.

Anche se non ci sono ancora sufficienti studi clinici che dimostrano questo efetto del calcitrolo sugli esseri umani, alcuni studi clinici e preclinici indicano che evitare la carenza di vitamina D e assumere integratori di vitamina D potrebbe essere un modo conveniente e sicuro per prevenire il cancro e migliorare la prognosi nelle pazienti già diagnosticati con la malattia.

L’associazione dei livelli di vitamina D con tassi di sopravvivenza del cancro al seno

Un nuovo studio condotto dal Dr. Song Yao del Roswell Park Cancer Institute di Buffalo a New York, ha analizzato i dati provenienti da 1.666 donne con diagnosi di cancro al seno.

Le pazienti avevano partecipato ad uno studio di coorte di pazienti sopravvissute al cancro al seno nel 2006 al Kaiser Permanente Northern California.

I ricercatori hanno esaminato i livelli di vitamina D delle partecipanti al momento della diagnosi attraverso la rilevazione dei livelli sierologici di 25-idrossivitamina D (25-OH D) biomarker e li hanno associati con la prognosi di sopravvivenza delle pazienti.

Come parte dei percorsi di studio di follow-up, le pazienti sono state controllate per comorbilità e la salute generale, a intervalli regolari: 12, 24, 48, 72 e 96 mesi.

I ricercatori hanno analizzato i dati per oltre un anno, dal 5 gennaio 2014 al 15 marzo 2015, ed i risultati sono stati pubblicati sulla rivista JAMA Oncology.

L’età media delle pazienti monitorate è stata di 58,7 anni. Nel complesso, la metà delle pazienti erano carenti di vitamina D e più di un terzo aveva livelli insufficienti di vitamina D.

I ricercatori hanno trovato un livello più basso di vitamina D nelle donne con tumori in stadio avanzato. I livelli più bassi sono stati trovati nelle donne in premenopausa con tumore al seno triplo negativo.

I livelli di 25OHD erano anche inversamente proporzionali alla progressione della malattia e tassi di mortalità.

Bassi livelli di 25OHD sono stati associati con una maggiore stadio del tumore e grado e le donne con i più alti livelli di 25OHD hanno avuto tassi di sopravvivenza più elevati.

I livelli di 25OHD sono anche aumentati proporzionalmente con l’assunzione di vitamina D nella dieta e supplementazione.

“I nostri risultati forniscono evidenza osservativa convincente dell’ associazione inversa tra i livelli di vitamina D e rischio di progressione del cancro al seno e la morte”, concludono gli autori.

Ulteriori ricerche necessarie per stabilire la causalità

I ricercatori avvertono che le concentrazioni di 25OHD variano con i cambiamenti ambientali e fisiologici. Tuttavia, hanno condotto il loro studio tenendo conto di questi cambiamenti, così come della chemioterapia e altre forme di trattamento che potrebbero aver influenzato i livelli di vitamina D.

Il Dr. Yao riferisce che anche se lo studio non indica la causalità di per sé, i risultati sembrano confermare la letteratura precedente che aveva suggerito una relazione causale tra i livelli di 25OHD e la sopravvivenza al cancro.

 

Fonte: JamaNetwork 

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