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Cancro al polmone: importante passo avanti nella comprensione della malattia e nuova strada per terapia mirata

Gli scienziati dell’Università di Sheffield e di Colonia hanno identificato la dipendenza di più cellule del cancro  del polmone (SCLC), aprendo la strada a  sperimentazioni cliniche di nuovi trattamenti mirati, in grado di rivoluzionare l’approccio attuale. Purtroppo la prognosi per i pazienti affetti da cancro al polmone è ancora infausta: il tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è inferiore al 5%. I ricercatori hanno scoperto che la sopravvivenza delle cellule del cancro ai polmoni dipende da una proteina chiamata Aurora chinasi. La scoperta è stat pubblicata il 1° Ottobre sulla rivista Proceeding della National Accademy of Science  (PNAS) e suggerisce che mirate strategie terapeutiche dovrebbero concentrarsi su test inibitori della chinasi Aurora. Molti di questi test sono già stati sviluppati da diverse case farmaceutiche. Il team ha anche dimostrato che gli inibitori della chinasi Aurora sono molto efficaci nel provocare la morte delle cellule della SCLC, quando queste cellule hanno alti livelli del gene del cancro MYC. In riferimento a ciò, farmaci inibitori della chinasi aurora potrebbero essere vantaggiosi per pazienti affetti da SCLC e che hanno amplificazione del gene MYC  il quale è presente in circa il 7% delle persone affette da cancro al polmone. ” Uno degli obiettivi principali della moderna ricerca sul cancro è trovare farmaci che agiscono in maniera specifica nel colpire le vulnerabilità delle cellule del cancro, contrariamente alla chemioterapia che uccide indiscriminatamente cellule cancerose e cellule sane, con gravi effetti collaterali. Abbiamo studiato gli effetti degli inibitori della chinasi aurora per diversi anni e la vulnerabilità delle cellule del cancro derivata da questi inibitori, speriamo che possa essere rapidamente confermata che la nostra tesi possa essere rapidamente confermata da stratificazione accurata dei pazienti affetti da cancro al polmone attraverso la loro iscrizione ai nuovi studi.” ha concluso il prof. Patrik Eyers autore della ricerca.

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