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Atresia biliare: progressi nei biomarker

L’atresia biliare (BA) è una grave malattia epatica neonatale caratterizzata da obliterazione infiammatoria e fibrotica dei dotti biliari intraepatici ed extraepatici. Questa condizione porta spesso a ittero neonatale, cirrosi e ipertensione portale, rendendola la principale causa di trapianti di fegato pediatrici.

L’eziologia dell’atresia biliare non è ancora chiara, ma i potenziali fattori includono infezioni virali, tossine ambientali come il biliatresone, risposte immunitarie e predisposizioni genetiche. La diagnosi e il trattamento precoci, principalmente attraverso la portoenterostomia di Kasai (KPE), migliorano significativamente i risultati. Tuttavia, la mancanza di metodi diagnostici non invasivi affidabili rappresenta una sfida per la diagnosi precoce e la gestione.

Biomarcatori chiave nell’atresia biliare:

  • Metalloproteinasi-7 della matrice (MMP-7): la MMP-7 è fondamentale nella degradazione delle proteine ​​della matrice extracellulare, influenzando il rimodellamento dei tessuti e la fibrosi. Gli studi hanno identificato livelli elevati di MMP-7 nei pazienti con BA, suggerendo il suo ruolo significativo nella fibrosi epatica associata a BA. L’MMP-7 funge da marcatore per il danno epiteliale e ha mostrato potenziale nella diagnosi precoce e nella prognosi della BA, in particolare nel prevedere gli stadi della fibrosi epatica. Livelli sierici elevati di MMP-7 nei pazienti BA sono correlati all’entità della proliferazione e della fibrosi del dotto biliare, rendendolo un prezioso biomarcatore non invasivo per valutare la gravità della malattia e guidare le decisioni terapeutiche.
  • Fattore di crescita dei fibroblasti 19 (FGF-19): FGF-19 è coinvolto nella regolazione degli acidi biliari e nella crescita del fegato. Livelli sierici elevati di FGF-19 nei pazienti BA indicano il suo potenziale come biomarcatore per la diagnosi precoce e la valutazione della progressione della malattia. Il suo ruolo nella rigenerazione epatica e nell’omeostasi degli acidi biliari lo rende un marcatore cruciale per valutare la funzionalità epatica e prevedere gli esiti post-KPE. La capacità di FGF-19 di modulare la sintesi degli acidi biliari e di promuovere la proliferazione degli epatociti sottolinea la sua importanza nella fisiopatologia della BA e la sua utilità nel monitorare la progressione della malattia.
  • Isomero della glicosilazione proteica legante Mac-2 (M2BPGi): M2BPGi è emerso come un nuovo marcatore per la fibrosi epatica. Livelli elevati di M2BPGi sono correlati alla gravità della fibrosi epatica nei pazienti BA, rendendolo uno strumento prezioso per la stadiazione non invasiva della fibrosi. La sua elevata sensibilità e specificità per la fibrosi epatica evidenziano la sua utilità clinica nel monitorare la progressione della malattia e guidare le strategie di trattamento. L’associazione di M2BPGi con il rimodellamento della matrice extracellulare e la fibrogenesi sottolinea ulteriormente la sua rilevanza come biomarcatore per BA, fornendo informazioni sui cambiamenti dinamici nella patologia epatica.

Biomarcatori stabiliti

  • Gamma-glutamiltransferasi (GGT): GGT è un biomarker consolidato per la disfunzione epatica. Livelli elevati di GGT sono comunemente osservati nei pazienti con BA e servono come indicatore di ostruzione del dotto biliare e di danno epatico. L’uso diffuso di GGT nella pratica clinica sottolinea la sua affidabilità nella diagnosi e nel monitoraggio della BA. Il ruolo dell’enzima nel metabolismo del glutatione e la sua risposta allo stress ossidativo ne evidenziano l’importanza nel contesto dell’ostruzione biliare e del danno epatocellulare nei pazienti con BA.
  • Citochine circolanti: le citochine infiammatorie svolgono un ruolo significativo nella patogenesi della BA. Livelli elevati di citochine come l’interleuchina-6 (IL-6) e il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α) sono stati documentati nei pazienti con BA, riflettendo i processi infiammatori sottostanti. Queste citochine possono aiutare a differenziare la BA da altre malattie colestatiche neonatali e a valutare lo stato infiammatorio del fegato. Il coinvolgimento delle citochine nel danno del dotto biliare immunomediato e nella fibrosi sottolinea il loro potenziale come bersagli terapeutici e marcatori diagnostici nella BA.

I progressi nell’identificazione dei biomarcatori correlati alla BA hanno migliorato significativamente la diagnosi, la stadiazione e la prognosi di questa difficile malattia. MMP-7, FGF-19 e M2BPGi sono marcatori promettenti che offrono alternative non invasive per la diagnosi precoce e il monitoraggio della fibrosi epatica. Marcatori consolidati come GGT e citochine circolanti continuano a fornire preziose informazioni sullo stato e sulla progressione della malattia.

Leggi anche:Atresia biliare, primo indizio genetico per una malattia epatica pediatrica

La ricerca in corso su questi biomarcatori ha il potenziale per migliorare i risultati clinici e ottimizzare le strategie di gestione per i pazienti con BA. L’integrazione di questi biomarcatori nella pratica clinica può facilitare la diagnosi precoce, guidare gli interventi terapeutici e migliorare la prognosi complessiva dei pazienti con atresia biliare.

L’articolo è stato pubblicato sul Journal of Clinical and Translational Hepatology.

Fonte:Journal of Clinical and Translational Hepatology

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