L’aspirina potrebbe essere utile anche per il trattamento di un particolare tipo di cancro del colon-retto, stando ai risultati di uno studio in pubblicazione sul New England Journal of Medicine.
I pazienti con tumori al colon caratterizzati dalla presenza di mutazioni del gene PIK3CA che hanno utilizzato regolarmente l’aspirina dopo la diagnosi hanno mostrato un vantaggio significativo di sopravvivenza, consistente in una riduzione del 46% della mortalità complessiva e dell’82% della mortalità legata nello specifico al colon-retto, mentre i soggetti con genotipo PIK3CA wild-type che pure hanno preso regolarmente il farmaco dopo la diagnosi non hanno avuto benefici sulla mortalità di nessun tipo.
I risultati provengono da un’analisi retrospettiva di due ampi e famosi studi di popolazione condotti negli Stati Uniti: il Nurses’ Health Study e l’Health Professionals Follow-up Study.
Se questi risultati saranno confermati e quindi validati da studi futuri di tipo prospettico, i medici, secondo gli autori, potrebbero avere a disposizione un nuovo biomarker e una nuova terapia adiuvante per il cancro del colon-retto.
Considerato quanto sia comune la mutazione di PIK3CA, questa potrebbe essere una grossa novità, sostiene Boris Pasche, della University of Alabama di Birmingham, nel suo editoriale di accompagnamento. “Poiché più di un tumore primario del colon-retto su sei è portatore di mutazioni di PIK3CA, un uso mirato di aspirina in fase adiuvante potrebbe avere un effetto importante sul trattamento di questo tumore” scrive lo specialista.
“L’aspirina potrebbe diventare uno dei farmaci più vecchi da utilizzare come terapia mirata nel 21° secolo” afferma Pasche nel suo commento.
Il lavoro va ad aggiungersi ai molteplici studi di coorte già pubblicati sull’effetto antitumorale dell’aspirina nel cancro del colon-retto. All’inizio di quest’anno, per esempio, un lavoro inglese ha evidenziato che l’uso di aspirina è associato a una riduzione della progressione del tumore e delle recidive in pazienti che hanno sviluppato questa neoplasia.
Tuttavia, lo studio che esce ora sul Nejm ha elementi di novità, perché dimostra che l’aspirina può funzionare in un sottogruppo di pazienti identificabili attraverso un biomarcatore relativamente facilmente da individuare, il gene PIK3CA mutato.
Il valore di questo gene mutato come biomarcatore predittivo deve essere però confermato, ha commentato Alok Khorana, un esperto non coinvolto nello studio che lavora al James P. Wilmot Cancer Center della University of Rochester di New York.
Nel frattempo, comunque, “è perfettamente ragionevole considerare la possibilità di prendere un’aspirina al giorno se si è scoperto di avere un tumore al colon, dopo averne discusso approfonditamente con il proprio medico curante i rischi, i benefici e le prove di efficacia” ha detto Khorana in un’intervista, raccomandando di usare l’aspirina a basso dosaggio (81 mg/die).
Sia gli autori sia l’editorialista segnalano che lo studio ha il limite delle piccole dimensioni del campione. Infatti, nelle due coorti, solo 964 pazienti hanno sviluppato un tumore del colon retto e, di questi, solo 152 avevano il PIK3CA mutato. Tuttavia, l’effetto dell’aspirina sulla sopravvivenza tra i pazienti è stato considerevole.
Dei 90 pazienti con tumori PIK3CA-mutati che non hanno utilizzato l’aspirina dopo la diagnosi, 23 (il 26%) è deceduto entro 5 anni. Tuttavia, dei 62 che l’hanno invece presa regolarmente dopo la scoperta di avere il tumore, solo 2 (il 3%) sono morti entro 5 anni (P < 0,001).
Il farmaco pare, invece, non avere alcun effetto sui pazienti con tumori con genotipo PIK3CA wild-type. Infatti, la mortalità a 5 anni legata al tumore al colon è stata identica – 15% – nel gruppo che ha iniziato a prendere l’aspirina dopo la diagnosi e in quello che non l’ha presa (P = 0,92).
In entrambe le coorti, la documentazione dell’uso di aspirina a dosaggio standard (325 mg), è iniziata nel 1980 e ciò ha permesso ai ricercatori di determinare se i pazienti che hanno sviluppato un tumore al colon-retto utilizzavano l’aspirina prima e dopo la diagnosi.
Hanno così scoperto che prima della diagnosi l’aspirina era utilizzata nella stessa misura dai pazienti con PIK3CA wild-type e da quelli con il gene mutante, senza discrepanze tra i due sottogruppi. Tuttavia, la percentuale di pazienti con tumori portatori della mutazione è risultata la stessa – il 17% – nei pazienti che prendevano l’aspirina e in quelli che non la prendevano prima della diagnosi, e ciò sembra essere contraddittorio. Infatti, se l’aspirina ha un effetto antitumorale nei tumori portatori della mutazione, dovrebbero esserci anche meno casi di tumori mutati negli utilizzatori dell’aspirina rispetto ai non utilizzatori. In altre parole, il farmaco dovrebbe anche avere un effetto preventivo. Ma così non è.
Secondo gli autori, questa “apparente discrepanza” potrebbe essere correlata all’evoluzione del tumore”. Il microambiente tumorale, ipotizzano, potrebbe evolvere in modo tale che vi sia “un’interazione differente tra l’uso di aspirina e la presenza della mutazione PIK3CA nella fase precoce di tale evoluzione (prima della diagnosi) rispetto a quella più tardiva (dopo la diagnosi)”.
I risultati dello studio, in ogni caso, non rappresentano una novità assoluta. In precedenza, uno studio prospettico su 1.239 pazienti con una diagnosi di tumore in stadio I, II, III, uscito su Jama nel 2009, ha mostrato che il consumo regolare di aspirina dopo una diagnosi di tumore del colon-retto si è associato a una riduzione del 21% della mortalità complessiva e del 29% della mortalità dovuta nello specifico al tumore al colon.
Un’analisi sui sottogruppi di questo studio ha poi dimostrato che la riduzione della mortalità globale e di quella legata al cancro al colon è stata osservata solo in pazienti con tumori primari che sovraesprimevano la cicloossigenasi-2 (COX-2). Questi risultati sull’uso di aspirina dopo la diagnosi e il grado di espressione della COX-2 sono stati replicati di recente in un ampio studio olandese, pubblicato quest’anno sul British Journal of Cancer 2012.
Tuttavia, come sottolineano gli autori del lavoro appena uscito sul Nejm, la COX-2 non è un biomarker ideale perché non può essere facilmente valutata con i test immunoistochimici comune e ne servono altri per identificare meglio i pazienti con tumore del colon-retto che possono trarre beneficio dall’aspirina. Il PIK3CA, che è rilevabile con i normali metodi immunoistochimici, potrebbe essere ciò di cui c’è bisogno.
Xiaoyun Liao, Paul Lochhead, Reiko Nishihara Aspirin Use, Tumor PIK3CA Mutation, and Colorectal-Cancer Survival N Engl J Med. 2012;367:1596-1606, 1650-1651
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