Il trattamento con baricitinib per l’artrite reumatoide, favorisce la riduzione del dolore in modo evidente già dalla prima settimana, migliora significativamente la funzionalità fisica, articolare e favorisce la ripresa delle attività quotidiane con risultati a lungo termine, fino alla 52° settimana, in alcuni casi.
Il miglioramento della qualità della vita, la riduzione della stanchezza e sofferenza generalizzata già a cominciare dalla quarta settimana, rimane costante nel tempo, secondo quanto emerso da uno studio basato su un questionario elettronico – il HAQ-DI (Health Assessment Questionnaire Disease Index for Rheumatoid Arthritis) – somministrato a pazienti affetti da artrite reumatoide attiva, in trattamento con Baricitinib, refrattari o con risposte inadeguate ad altre terapie.
Complessivamente lo studio, pubblicato recentemente su Annals of Rheumatic Disease, evidenzia una maggiore efficacia di baricitinib, rispetto a una diversa molecola attiva, secondo i criteri proposti dall’America College of Rheumatology (ACR 20) in circa il 70% dei pazienti (vs circa il 61% del comparatore) alla 52 settimana.
(Vedi anche, Nanospugne di neutrofili assorbono le proteine che favoriscono l’artrite reumatoide).
Baricitinib garantisce un ottimo profilo di sicurezza e, in conclusione, si profila come un’ottima opzione terapeutica per il trattamento dell’artrite reumatoide, un malattia di cui solo in Italia si registrano 400 mila casi, con una incidenza di 2-4 nuovi casi per anno su 10 mila adulti. Più frequentemente l’ artrite reumatoide colpisce le donne con un rapporto di 3 a 1 rispetto all’uomo e nella fascia di età fra i 40 e i 60 anni. Studi scientifici recenti dimostrano la superiorità di Baricitinib rispetto a un farmaco biologico, sia nella riduzione del dolore che nel recupero della funzionalità articolare già a partire dalle prime settimane di trattamento con mantenimento dei risultati a lungo termine fino a 52 settimane dall’inizio della somministrazione.
“Baricitinib agisce inibendo l’attività di alcune molecole intracellulari (Jak1 e Jak2), indispensabili per la trasmissione del segnale di citochine pro-infiammatorie e riducendo, in tal modo, l’attività della malattia e rallentando la progressione del danno articolare. L’efficacia terapeutica della molecola è stata testata e ampiamente dimostrata in diversi trials clinici controllati e randomizzati.
In una recente analisi secondaria dello studio RA BEAM è stato valutato l’effetto di baricitinib anche sui cosiddetti “patient reported outcomes” (PROs) mediante una indagine, con somministrazione di appositi questionari in grado di valutare l’impatto della malattia su aspetti particolarmente importanti per il paziente, quali l’assolvimento delle normali attività della vita quotidiana, la funzionalità fisica, la rigidità articolare mattutina, l’astenia, il dolore, la capacità lavorativa e, più in generale, la qualità della vita.
I risultati di questa analisi hanno dimostrato che i pazienti trattati con baricitinib hanno manifestato un miglioramento significativamente più evidente rispetto ai pazienti trattati con placebo o adalimumab nella maggior parte dei PROs considerati. Questi miglioramenti tendevano a presentarsi già entro le prime settimane di trattamento e si sono mantenuti per tutte le 52 settimane della sperimentazione.
“Un recente studio – conclude il prof. Sinigaglia – ha dimostrato che il costo medio per 6 mesi di trattamento con Baricitinib a paziente è pari a circa 4 mila euro, sensibilmente inferiore agli oltre 6 mila euro di una terapia con un’altra molecola di riferimento (adalimumab). A tutto questo si aggiunge la facilità di somministrazione: una compressa una sola volta al giorno contro l’assunzione parenterale (sottocutanea o endovenosa) di altre terapie”.
Fonte, BMJ Journals