L’ ameba mangia-cervello è un parassita che si nutre del cervello umano ed è molto difficili da uccidere.
Si chiama esattamente meningoencefalite amebica primaria l’infezione che questo parassita causa. Si tratta di un organismo monocellulare che vive in acqua dolce, fiumi, laghi e sorgenti termali e predilige le temperature calde. L’infezione avviene nuotando nelle acque dove è presente l’ameba, che entra nel corpo attraverso il naso e arriva al cervello.
Una volta giunta qui distrugge i tessuti perché usa il cervello come fonte di cibo. Letteralmente se lo mangia. Per fortuna si tratta di un’infezione estremamente rara: dal 1962, anno in cui è stata identificata, secondo i dati dei CDC i casi in America sono stati in tutto 143. Di questi però solo 5 si sono salvati. L’ultimo caso di infezione riportato negli Stati Uniti è avvenuto nel 2016. Se la malattia è rara, il batterio che la provoca è invece abbastanza diffuso: si trova in piscine, parchi acquatici e sistemi idrici comunali in tutto il sud degli Stati Uniti.
Ora, i ricercatori hanno sviluppato nanoparticelle d’argento rivestite con farmaci anti-sequestro che possono uccidere le amebe mangia-cervello mentre risparmiano le cellule umane.
I ricercatori riportano i loro risultati in ACS Chemical Neuroscience.
Sebbene le infezioni da amebe mangia-cervello ( Naegleria fowleri ) siano rare, sono quasi sempre mortali. Un’altra specie, Acanthamoeba castellanii, può causare cecità penetrando negli occhi attraverso lenti a contatto sporche. Trattamenti comuni includono farmaci antimicrobici, ma spesso causano gravi effetti collaterali a causa delle alte dosi necessarie per entrare nel cervello. Ayaz Anwar e colleghi si sono chiesti se tre farmaci antiepilettici – diazepam, fenobarbitone e fenitoina – potrebbero uccidere le amebe, da soli o in combinazione con nanoparticelle di argento. I farmaci sono già approvati dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti e sono noti per attraversare la barriera emato-encefalica. I ricercatori hanno argomentato che potrebbero essere più efficaci se collegati a nanoparticelle di argento che possono migliorare l’erogazione di alcuni farmaci e avere anche i loro effetti antimicrobici.
Il team ha attaccato chimicamente i farmaci alle nanoparticelle d’argento e ha esaminato la loro capacità di uccidere le amebe. I ricercatori hanno scoperto che ognuno dei tre farmaci da solo poteva uccidere N. fowleri e A. castellanii, ma lavoravano molto meglio quando legati a nanoparticelle d’argento. Le combinazioni farmaco-nanoparticelle proteggevano le cellule umane dai microbi, aumentando il loro tasso di sopravvivenza rispetto alle cellule umane infette non trattate. I ricercatori suggeriscono che questi farmaci riproposti, aiutati dalle nanoparticelle, potrebbero uccidere le amebe legandosi ai recettori proteici o ai canali ionici sulla membrana dell’organismo unicellulare.
Fonte: EurekAlert