Secondo i ricercatori, l’alimentazione per via endovenosa in alcuni pazienti, può salvare loro la vita, ma può anche causare danni al fegato.
Ora gli scienziati dell’Università del Colorado e Children Hospital Colorado hanno scoperto il probabile colpevole del danno al fegato, in uno degli ingredienti nei prodotti alimentari per via endovenosa.
La scoperta, pubblicata 9 ottobre in Science Translational Medicine, potrebbe indicare la strada per migliori cure per i pazienti che sono medicalmente vulnerabili e spesso molto giovani.
“Abbiamo ancora molto da imparare circa il mix ottimale di lipidi per la nutrizione per via endovenosa “, ha spiegato il Prof. Ron Sokol, che fa parte del gruppo di ricerca. “La nostra speranza è che questo studio ci possa condurre ad una nutrizione per via endovenosa che si traduca in meno stress sul fegato.”
Un’opzione salvavita per alcuni pazienti con problemi intestinali o pancreatite è fornire cibo per via endovenosa. Ma questa opzione, di solito usata per i pazienti che non tollerano o assorbono il cibo dal loro intestino, è associata a danni al fegato.
Il rischio è particolarmente elevato per i neonati prematuri e bambini con insufficienza intestinale o sindrome da intestino corto, che spesso dipendono da alimentazione per via endovenosa o dalla nutrizione parenterale (PN), per anni. Più un paziente è alimentato in PN e più i loro problemi intestinali sono gravi, maggiore è il rischio della cosiddetta PN-associata malattia epatica (PNALD).
L’evidenza clinica ha suggerito che i lipidi derivati dalla soia potrebbero essere parte del problema. I ricercatori dell’ Università di Cincinnati, Ospedale Pediatrico di Cincinnati e la Emory University, si sono concentrati sul fattore soia.
Essi hanno scoperto che un derivato della soia – chiamato stigmasterolo – sembrava prevenire il flusso della bile dal fegato nei topi sperimentali. Hanno anche compreso il meccanismo chimico dietro questo problema e hanno scoperto che anche i microbi nell’intestino sembravano contribuire al PNALD.
“I risultati di questo studio possono contribuire a promuovere la sostituzione di soluzioni contenenti stigmasterolo per i pazienti dipendenti da nutrizione per via endovenosa”, ha concluso il Prof.Sokol.