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Piante mediterranee per la prevenzione delle malattie cardiache

Le piante mediterranee promettono bene nella prevenzione delle malattie cardiache.

Le piante terrestri sono state utilizzate come medicinali sin dal Paleolitico, utilizzate dai Neanderthal almeno 60.000 anni fa (Hardy, 2021). La prima prova scritta si trova nel Papiro Ebers della civiltà egizia (1500 anni a.C.), che è un elenco di 700 estratti naturali con proprietà medicinali. Altri importanti documenti sulla medicina basata sugli estratti vegetali si possono trovare nella medicina tradizionale cinese (1100 anni a.C.) e nella medicina ayurvedica indiana (1000 anni a.C.) (Otvos et al., 2019). Pertanto, le piante sono sempre state utilizzate per curare varie patologie.
Si stima che i farmaci derivati ​​da prodotti vegetali costituiscano il 25%-30% del totale dei farmaci disponibili oggi. Per secoli, molte piante sono state utilizzate empiricamente nella medicina tradizionale per i loro benefici percepiti, spesso senza riguardo per la loro tossicità o la presenza di composti bioattivi. Inoltre, le sfide derivano dalla vasta gamma di composti presenti, dalla variabilità nella composizione delle piante dovuta a problemi di standardizzazione e, talvolta, da una farmacocinetica inadeguata. La conoscenza etnomedicinale dovrebbe, pertanto, essere combinata con studi biochimici e farmacologici non clinici (studi tossicologici, farmacocinetici e farmacodinamici) per dimostrare la sua efficacia, caratterizzare le molecole chimiche specifiche che possono agire come farmaci e essere in grado di realizzare un processo di produzione standardizzato e riproducibile.
Successivamente, se i risultati si dimostrano positivi, dovrebbero essere condotti studi clinici completi per accertare la sicurezza clinica e l’efficacia degli estratti vegetali. La combinazione di etnomedicina, farmacologia e medicina moderna può portare alla scoperta di nuovi farmaci a prezzi più bassi, che sono più accessibili a tutti e forniranno anche una maggiore consapevolezza della loro tossicità.
L’obiettivo dell’utilizzo delle piante è scoprire e acquisire nuovi composti dotati di proprietà bioattive con il potenziale di fungere da agenti terapeutici. Tuttavia, le tendenze della ricerca si concentrano sul miglioramento della potenza, selettività, farmacocinetica e tossicità apportando modifiche strutturali ai prodotti naturali.

I problemi cardiovascolari sono la principale causa di malattia e mortalità in tutto il mondo. Gli estratti vegetali, ricchi di composti bioattivi, hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo di farmaci, in quanto offrono un potenziale terapeutico per molte di queste malattie. Tuttavia, il loro utilizzo è limitato da possibili effetti collaterali, interazioni farmaco-farmaco e dalla mancanza di prove scientifiche da studi preclinici e clinici di qualità.

Nell anno accademico 2023/24, il biologo Mateu Anguera Tejedor ha dato un importante contributo in questo campo con il suo progetto di laurea in Biologia all’ultimo anno dell’UAB, sotto la supervisione dell’allora ricercatore post-dottorato presso l’Institut de Neurociències dell’UAB (INc-UAB) e attuale docente presso la Facoltà di Farmacia e Scienze dell’Alimentazione dell’Università di Barcellona, ​​René Delgado.

Lo studio, recentemente pubblicato sulla rivista Food Bioscience, fornisce una panoramica dei meccanismi d’azione e delle prove precliniche e cliniche, nonché degli effetti avversi dei composti bioattivi essenziali derivati ​​da un gruppo di piante mediterranee selezionate che fanno parte della dieta mediterranea.

Tra le specie analizzate, vengono segnalate sei piante rappresentative ed i loro principali componenti attivi: aglio (Allium sativum, con trisolfuro di diallile, allicina e S-allile [cisteina]), biancospino arbustivo (Crataegus monogyna, con quercetina, apigenina e acido clorogenico), zafferano (Crocus sativus, con crocina e safranale), olivo (Olea europaea, con acido oleico, oleuropeina, idrossitirosolo e oleaceina), rosmarino (Salvia rosmarinus, con acido rosmarinico e acido carnosico) e vite (Vitis vinifera, con resveratrolo).

La revisione si è concentrata sui meccanismi farmacologici più importanti, tra cui le loro azioni antiossidanti, antinfiammatorie e vasodilatatorie, nonché la loro regolazione del metabolismo lipidico, che può essere rilevante per condizioni come l’aterosclerosi e l’ipertensione. I risultati mostrano che questi componenti attivi sono promettenti nel potenziale trattamento dell’aterosclerosi e potrebbero ridurre il rischio di attacchi di calore e ictus.

Oltre a riassumere le attuali prove scientifiche, lo studio fornisce una guida di riferimento per la ricerca futura, individuando potenziali lacune nelle conoscenze e offrendo raccomandazioni tempestive per la progettazione di studi preclinici e clinici in questo settore.

Le aree chiave per l’esplorazione futura includono la sicurezza a lungo termine di questi composti, la valutazione dei loro effetti sinergici quando consumati come parte di una dieta mediterranea e la necessità di stabilire protocolli standardizzati in contesti clinici controllati. Ampliando la base scientifica di questi rimedi tradizionali, questa revisione potrebbe aiutare ad aprire la strada al loro utilizzo come ingredienti farmaceutici attivi nello sviluppo di futuri fitofarmaci.

Assunzione combinata potrebbe alterare l’efficacia dei singoli estratti

Il team di ricerca ritiene che l’uso di questi estratti naturali sia promettente, ma la loro assunzione combinata potrebbe influenzare i risultati terapeutici a causa “dell’effetto matrice”, che implica che i componenti dietetici possono alterare l’efficacia di ciascun estratto, aumentando o diminuendo i loro benefici individuali. Comprendere questa interazione è essenziale per ottimizzare l’applicazione terapeutica di questi estratti vegetali in un contesto dietetico.

Leggi anche:Piante medicinali- esplorare il potenziale antitumorale

È importante riconoscere che spesso mancano prove solide dell’impatto degli estratti naturali sugli esseri umani e pertanto i ricercatori avvertono che “l’etichetta naturale” non garantisce la sicurezza” e ciò sottolinea la necessità di dare priorità agli studi farmacocinetici, tossicologici e clinici per valutarne l’efficacia, la sicurezza e l’efficienza rispetto ai farmaci esistenti.

Immagine Credito: Unsplash/CC0 Public Domain.

Fonte:Food Bioscience 

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