I ricercatori hanno scoperto che la mappatura cerebrale tramite MRI può predire l’atrofia della materia grigia nel morbo di Parkinson lieve, offrendo una base per interventi personalizzati per rallentare la progressione. Credito: SciTechDaily.com
Una nuova ricerca rivela che la mappatura dell’organizzazione strutturale e funzionale del cervello basata sulla risonanza magnetica può predire la progressione dell’atrofia della materia grigia nei pazienti con malattia di Parkinson lieve in fase iniziale.
Lo studio ha utilizzato i dati della risonanza magnetica per generare un connettoma o mappa cerebrale, per prevedere i modelli di atrofia, evidenziando il potenziale per sperimentazioni di intervento su misura e piani di trattamento personalizzati per combattere la progressione della malattia.
Mappatura del cervello nel morbo di Parkinson
Secondo uno studio pubblicato oggi (25 giugno) in Radiology, l‘organizzazione strutturale e funzionale del cervello, come mostrato dalla risonanza magnetica, può predire la progressione dell’atrofia cerebrale nei pazienti con malattia di Parkinson lieve in fase iniziale. Radiology è una rivista scientifica peer-reviewed della Radiological Society of North America (RSNA).
Il morbo di Parkinson è un disturbo progressivo caratterizzato da tremori, lentezza dei movimenti o rigidità. I sintomi peggiorano nel tempo e possono includere deterioramento cognitivo e problemi del sonno. La malattia colpisce più di 8,5 milioni di persone in tutto il mondo e la prevalenza è raddoppiata negli ultimi 25 anni, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Agglomerati proteici e meccanismi della malattia
Una delle caratteristiche distintive del morbo di Parkinson è la presenza di versioni alterate della proteina alfa-sinucleina nel cervello. Normalmente presente nel cervello, questa proteina si accumula come grumi mal ripiegati all’interno delle cellule nervose nel morbo di Parkinson, formando strutture note come corpi di Lewy e neuriti di Lewy. Questi grumi si diffondono ad altre regioni del cervello, danneggiando i nervi.
Gli scienziati volevano verificare se la mappatura delle connessioni strutturali e funzionali nel cervello potesse essere utilizzata per prevedere i modelli di diffusione dell’atrofia nei pazienti con malattia di Parkinson in forma lieve.
Progettazione dello studio e modelli predittivi
Per raggiungere questo obiettivo, gli scienziati hanno utilizzato i dati MRI di 86 pazienti con malattia di Parkinson lieve e 60 partecipanti sani di controllo per generare il connettoma, una mappa strutturale/funzionale delle connessioni neurali del cervello. I ricercatori hanno utilizzato il connettoma per sviluppare un indice di esposizione alla malattia.
L’esposizione alla malattia a un anno e a due anni è stata correlata all’atrofia a due e tre anni dopo il basale. I modelli che includevano l’esposizione alla malattia hanno previsto l’accumulo di atrofia della materia grigia nell’arco di tre anni in diverse aree del cervello.
“Nel presente studio, il connettoma cerebrale, sia strutturale che funzionale, ha mostrato il potenziale per predire la progressione dell’alterazione della materia grigia nei pazienti con malattia di Parkinson lieve”, ha affermato la coautrice dello studio Federica Agosta, MD, Ph.D., Prof.ssa associato di neurologia presso l’Unità di ricerca di neuroimaging dell’IRCCS Istituto scientifico San Raffaele di Milano.
Potenziali applicazioni cliniche e direzioni future
I risultati supportano la teoria secondo cui le connessioni funzionali e strutturali tra le regioni del cervello possono contribuire in modo significativo alla progressione del morbo di Parkinson.
“La perdita di neuroni e l’accumulo di proteine anomale possono interrompere le connessioni neurali, compromettendo la trasmissione dei segnali neurali e l’integrazione delle informazioni tra le diverse regioni del cervello”, ha affermato il Prof. Agosta.
I risultati dello studio indicano un ruolo per la risonanza magnetica negli studi di intervento per prevenire o ritardare la progressione della malattia, in particolare quando le informazioni individuali del paziente vengono incorporate nel modello. “Poiché la progressione del morbo di Parkinson probabilmente differisce tra gli individui, i modelli futuri dovrebbero considerare diverse condizioni di partenza e incorporare informazioni specifiche per ogni individuo per un’efficacia ottimale“, secondo il Prof. Agosta.
“Crediamo che comprendere l’organizzazione e le dinamiche della rete cerebrale umana sia un obiettivo fondamentale nella neuroscienza, raggiungibile attraverso lo studio del connettoma umano“, ha affermato. “L’idea che questo approccio possa aiutare a identificare diversi biomarcatori in grado di modulare la progressione del morbo di Parkinson ispira il nostro lavoro”.
Fonte:Radiology