Celiachia-Immagine Credito: Pixabay/CC0 dominio pubblico-
I ricercatori dell’Università di Salerno hanno scoperto che un semplice esame del sangue per le concentrazioni di tTG-IgA potrebbe essere utilizzato come soglia diagnostica nel predire l’atrofia dei villi duodenali, un segno distintivo della malattia celiaca.
“Resta controverso se la malattia celiaca negli adulti possa essere diagnosticata solo con la sierologia. Abbiamo mirato a valutare l’accuratezza delle IgA sieriche anti-transglutaminasi tissutale (tTG-IgA) nella diagnosi della malattia celiaca“, dicono gli autori.
Nel loro articolo, “Siero anti-transglutaminasi tissutale IgA e previsione dell’atrofia dei villi duodenali negli adulti con sospetta malattia celiaca senza deficit di IgA (Bi.A.CeD): uno studio di coorte prospettico multicentrico“, pubblicato su The Lancet Gastroenterology & Hepatology, i ricercatori dettagliano i risultati dello studio condotto su una coorte con sospetta celiachia e hanno confrontato la capacità diagnostica delle soglie sieriche del sangue con le biopsie endoscopiche.
Dopo le esclusioni, la coorte dello studio era composta da 436 partecipanti, con 296 (68%) donne e 140 (32%) uomini. L’età minima dei partecipanti era di 18 anni, con un’età media di 40 anni. I partecipanti sono stati reclutati da varie parti del mondo, la maggior parte proveniente dall’Europa (305), seguita da un numero minore dall’Asia (64), dall’Oceania (7) e dal Sud America (60).
I partecipanti sono stati classificati in tre gruppi in base alla presentazione clinica dei sintomi, come anemia, perdita di peso o diarrea (indici di malassorbimento), sintomi diversi da quelli classici e partecipanti con sospetta malattia celiaca basata solo su una storia familiare di celiachia, malattia o la presenza di malattie autoimmuni associate.
Patologi locali in 14 siti hanno analizzato campioni di biopsia duodenale provenienti da endoscopia ed eseguito valutazioni istologiche. Le misurazioni delle tTG-IgA nel siero sono state ottenute sia da laboratori locali che centrali.
È stata fissata una soglia pari a 1 volta il limite superiore della norma (ULN) per tTG-IgA per la valutazione e definita positiva quando il risultato era maggiore di 1 volta l’ULN.
Trecentosessantatre partecipanti (83%) avevano tTG-IgA sieriche positive. Settantatre partecipanti (17%) avevano tTG-IgA sieriche negative. Tra i 363 partecipanti con tTG-IgA sierica positiva, 341 avevano un’istologia positiva (veri positivi) e 22 avevano un’istologia negativa (falsi positivi) dopo la revisione. Sette dei 73 partecipanti con tTG-IgA sieriche negative avevano un’istologia positiva (falsi negativi) e 66 avevano un’istologia negativa (veri negativi) dopo la revisione.
È stato osservato che concentrazioni di tTG-IgA nel sangue superiori a 5, 10 e 15 volte l’ULN hanno un potere di previsione della diagnosi più affidabile. I ricercatori suggeriscono che 10 volte l’ULN potrebbe essere una soglia utile per la diagnosi clinica.
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Lo studio conferma che un esame del sangue può essere utilizzato come strumento diagnostico negli adulti, rispecchiando l’attuale strategia clinica della no-biopsia” nella diagnosi della malattia celiaca nei bambini.
“I nostri dati hanno dimostrato che la biopsia potrebbe essere ragionevolmente evitata nella diagnosi di malattia celiaca negli adulti con sospetto attendibile di malattia celiaca e elevati livelli sierici di tTG-IgA”,concludono i ricercatori.
Hasnno partecipato alla ricerca: la Prof.ssa Carolina Ciacci, MD del Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria, Scuola Medica Salernitana, Università degli Studi di SalernoM; il Prof. Julio Cesar Bai, MD, dell’ Ospedale di Gastroenterologia, Buenos Aires, Argentina; Geoffrey Holmes, medico del Dipartimento di Gastroenterologia, Royal Derby Hospital, Derby, Regno Unito: il Dott. Abdulbaqi Al-Toma del Dipartimento di Gastroenterologia ed Epatologia, Ospedale St Antonius, Nieuwegein, Paesi Bassi; il Prof. Federico Biagi, MD dell’Unità di Gastroenterologia dell’Istituto di Pavia, Istituti Clinici Scientifici Maugeri, IRCCS, Pavia, il Dott. Prof. Antonio Carroccio dell’Unità di Medicina Interna, Ospedale Cervello, Università di Palermo et al.