Adenoleucodistrofia-Immagine Credit Public Domain-
Il lavoro della Prof.ssa Fanny Mochel (AP-HP, Sorbonne University) presso il Paris Brain Institute, in collaborazione con gruppi di ricerca clinica in otto paesi e la biotecnologia spagnola Minoryx Therapeutics, ha dimostrato gli effetti protettivi del Leriglitazone nella progressione dell’adrenoleucodistrofia, una rara malattia genetica in cui la sostanza bianca del sistema nervoso centrale è danneggiata.
I risultati dello studio sono stati pubblicati su The Lancet Neurology.
La maggior parte delle malattie neurodegenerative rare soffre di una mancanza di trattamenti efficaci. Questo è anche il caso dell’adrenoleucodistrofia legata all’X (o X-ALD), una condizione ereditaria che colpisce da 6 a 8 nascite su 100.000. È caratterizzata da un eccessivo accumulo di acidi grassi a catena molto lunga in vari tessuti, in particolare nel cervello, nel midollo spinale e nelle ghiandole surrenali.
Quando raggiungono l’età adulta, questi pazienti presentano una degenerazione del midollo spinale. Di conseguenza, spesso sviluppano adrenomieloneuropatia (AMN), che causa sintomi cronici debilitanti come rigidità degli arti inferiori e problemi di equilibrio che aumentano il rischio di cadute. Inoltre, sono spesso presenti sintomi urinari.
Vedi anche:È morto Augusto Odone il padre dell’«Olio di Lorenzo»
Cambiare la traiettoria della prognosi
Questa malattia è progressiva e poiché è legata a una mutazione del cromosoma sessuale X, le sue forme più gravi colpiscono soprattutto i maschi. Si stima che un terzo dei ragazzi e più della metà degli uomini adulti affetti da AMN sviluppino anche un’infiammazione aggressiva del cervello, chiamata adrenoleucodistrofia cerebrale (cALD), in cui vengono attaccate le guaine mieliniche che circondano le estensioni dei neuroni. Il flusso dell’impulso nervoso viene interrotto e porta a un rapido declino cognitivo e motorio, che può essere fatale nel giro di pochi anni.
Controllare l’infiammazione sembra essere una strada per rallentare l’evoluzione della malattia e ridurre i sintomi, poiché al momento non esiste alcun trattamento farmacologico. Questo è il percorso intrapreso dalla Prof.ssa Fanny Mochel del Paris Brain Institute, in collaborazione con team europei e americani.
In ADVANCE, uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, i ricercatori hanno studiato per due anni 116 pazienti maschi adulti con segni clinici di adrenomieloneuropatia, al fine di testare l’efficacia di un nuovo farmaco sviluppato dalla biotecnologia spagnola Minoryx Therapeutics: il Leriglitazone. Questa molecola, un agonista PPAR gamma in grado di penetrare nel cervello, regola l’espressione di geni che contribuiscono alla neuroinfiammazione e neurodegenerazione correlata alla malattia.
Risultati promettenti
Alla fine della fase II/III di ADVANCE, i ricercatori hanno scoperto che l’assunzione giornaliera di Leriglitazone riduceva la progressione di alcuni sintomi chiave, come lo squilibrio dell’andatura, e, notevolmente, diminuiva il rischio di cALD, la forma cerebrale acuta della malattia associata a morte prematura. Solo i soggetti nel gruppo placebo hanno sviluppato la cALD, suggerendo un effetto protettivo del farmaco.
Inoltre, l’uso quotidiano di Leriglitazone ha causato solo effetti collaterali moderati, principalmente aumento di peso ed edema superficiale. È quindi probabile che questo profilo di sicurezza promuova l’aderenza al trattamento.
Lo studio è ora in fase di estensione per confermare la capacità della molecola di ritardare l’evoluzione della malattia. Inoltre, il team del Professor Mochel sta curando una dozzina di adulti affetti da cald su base compassionevole e ha osservato una stabilizzazione, a volte anche una regressione, delle lesioni cerebrali in questi pazienti.
Alla luce di questi risultati molto incoraggianti, è stata depositata presso l’Agenzia Europea dei Medicinali una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio per Leriglitazone per il trattamento di pazienti maschi adulti affetti da adrenoleucodistrofia legata all’X.
Migliore monitoraggio per un trattamento migliore
C’è un urgente bisogno di un trattamento efficace e minimamente invasivo per la malattia: attualmente, solo il trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HSCT) ha il potenziale per trattare la cALD. L’HSCT è una procedura ingombrante che include la chemioterapia; richiede anche la ricerca di un donatore, che si rivela difficile: i parenti stretti possono portare l’anomalia genetica presente nell’adrenoleucodistrofia legata all’X.
Oggi, la sfida più grande è identificare i pazienti con adrenoleucodistrofia legata all’X il prima possibile e seguirli per tutta la vita, in particolare tramite risonanza magnetica. A tal fine, la Prof.ssa Fanny Mochel coordina ora una rete di sorveglianza nazionale all’interno del Centro di riferimento per le leucodistrofie e leucoencefalopatie con sede presso l’Ospedale Pitié-Salpêtrière, a Parigi.
Sulla base dei risultati dello studio ADVANCE, il Leriglitazone sarà valutato per altre indicazioni in cui è probabile che agisca sulla neuroinfiammazione, come altre forme di leucodistrofie.
Fonte: The Lancet Neurology