(Disturbi neurodegenerativi-Immagine Credit Public Domain).
Uno studio innovativo rivela il ruolo cruciale della proteina p62 nel ridurre i disturbi neurodegenerativi attraverso l’autofagia selettiva.
Le cellule utilizzano l’autofagia selettiva o l’autodegradazione delle proteine indesiderate per mantenere l’omeostasi cellulare (cioè uno stato di equilibrio). Questo processo è controllato dai recettori dell’autofagia che mediano la selezione di una proteina bersaglio che viene successivamente “cancellata”.
Le proteine Tau, che svolgono un ruolo cruciale nell’architettura interna dei neuroni nel cervello, si accumulano in modo anomalo all’interno dei neuroni in disturbi come la demenza e il morbo di Alzheimer. Questo accumulo di proteine tau iperfosforilate (o oligomeri tau) nel cervello dei pazienti con demenza porta alla creazione di grovigli neurofibrillari (NFT) e alla fine alla morte cellulare dei neuroni, portando ai sintomi neurodegenerativi progressivi della malattia. Sebbene le proteine tau possano essere degradate dall’autofagia selettiva, il meccanismo specifico con cui ciò accade è sconosciuto.
Tuttavia, una recente ricerca condotta da esperti del National Institutes for Quantum Science and Technology del Giappone ha dimostrato il ruolo cruciale svolto da un gene specifico, il gene p62, nell’autofagia selettiva degli oligomeri tau. Il team comprende la ricercatrice Maiko Ono e il capogruppo Naruhiko Sahara del Dipartimento di imaging funzionale cerebrale del National Institutes of Quantum Science and Technology del Giappone.
I loro risultati sono stati pubblicati sulla rivista Ageing Cell.
Precedenti studi hanno riportato che l’accumulo anomalo delle proteine tau può essere selettivamente soppresso dalle vie dell’autofagia, attraverso la proteina del recettore p62 (che è una proteina del recettore dell’autofagia selettiva).
Maiko Ono afferma: “La capacità di legare l’ubiquitina di questa proteina aiuta nell’identificazione di aggregati proteici tossici (come gli oligomeri tau), che possono quindi essere degradati da processi cellulari e organelli“.
La novità di questo studio, tuttavia, risiedeva nella dimostrazione del ruolo “neuroprotettivo” di p62 in un modello vivente, che non era mai stato fatto prima. Quindi, come hanno fatto i ricercatori a raggiungere questo obiettivo? Hanno usato modelli murini di demenza. Il gene p62 era stato eliminato (o eliminato) in un gruppo di questi topi, quindi non esprimevano le proteine del recettore p62.
Studiando il cervello di questi topi usando l’immunocolorazione e analisi biochimiche comparative, è stato rivelato un quadro interessante. Gli aggregati di proteine tau neurotossiche sono stati trovati nell’ippocampo, l’area del cervello associata alla memoria, e nel tronco cerebrale, il centro che coordina la respirazione del corpo, il battito cardiaco, la pressione sanguigna e altri processi volontari, dei topi knockout p62 (KO). Quando consideriamo questo insieme ai sintomi della demenza, che includono perdita di memoria, confusione e cambiamenti di umore, questi risultati hanno molto senso.
Le scansioni MRI hanno rivelato che l’ippocampo dei topi privi di p62 era degenerato (atrofizzato) e infiammato. Una valutazione post mortem del loro cervello ha rivelato una maggiore perdita di neuroni nell’ippocampo. Ulteriori studi di immunofluorescenza hanno mostrato che gli aggregati anormali di specie tau possono causare citotossicità che porta all’infiammazione e alla morte cellulare dei neuroni nei topi p62 La tau oligomerica, in particolare, si accumulava di più nel cervello dei topi privati di p62.
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Nel complesso, i risultati di questo studio dimostrano che eliminando e, quindi, prevenendo l’aggregazione delle specie oligomeriche di tau nel cervello, p62 ha svolto un ruolo neuroprotettivo nei modelli di demenza.
In un momento in cui ricercatori di tutto il mondo stanno cercando di sviluppare farmaci per la demenza e altri disturbi neurodegenerativi correlati, i risultati di questo studio saranno di grande importanza nel fornire prove per il targeting accurato degli oligomeri tau. La popolazione mondiale degli esseri umani che invecchiano aumenta ogni anno; di conseguenza, si sta espandendo anche la necessità di sviluppare metodi per rallentare l’insorgenza e la progressione di varie malattie neurodegenerative. Questo studio fornisce un passo positivo verso la risposta a tale esigenza.
Fonte: Aging Cell