(Ictus-Immagine Credit Public Domain).
I ricercatori del Peter O’Donnell Jr. Brain Institute della UT Southwestern hanno identificato una nuova proteina implicata nella morte cellulare che fornisce un potenziale bersaglio terapeutico che potrebbe prevenire o ritardare il progresso delle malattie neurodegenerative a seguito di un ictus.
Scienziati dei dipartimenti di patologia, neurologia, biochimica e farmacologia dell’UTSW hanno identificato e denominato AIF3, una forma alternativa del fattore di induzione dell’apoptosi (AIF), una proteina fondamentale per il mantenimento della normale funzione mitocondriale. Una volta rilasciato dai mitocondri, l’AIF innesca processi che inducono un tipo di morte cellulare programmata.
In uno studio pubblicato sulla rivista Molecular Neurodegeneration, il team della UT Southwestern ha collaborato con i ricercatori della Johns Hopkins University School of Medicine e ha scoperto che, a seguito di un ictus, il cervello passa dalla produzione di AIF alla produzione di AIF3. Hanno anche riferito che l’ictus innesca un processo noto come splicing alternativo, in cui una parte delle istruzioni che codificano AIF viene rimossa, con conseguente produzione di AIF3. Lo splicing difettoso può causare malattie, ma la modifica del processo di splicing può offrire il potenziale per nuove terapie.
Sia nel tessuto cerebrale umano che nei modelli murini sviluppati dai ricercatori, i livelli di AIF3 erano elevati dopo un ictus. Nei topi, la produzione di AIF3 indotta da ictus ha portato a una grave neurodegenerazione progressiva, suggerendo un potenziale meccanismo per un grave effetto collaterale dell’ictus osservato in alcuni pazienti. L’ictus è stato riconosciuto come la seconda causa più comune di demenza e si stima che il 10% dei pazienti colpiti da ictus sviluppi neurodegenerazione post-ictus entro un anno. “Il meccanismo molecolare alla base della neurodegenerazione indotta dallo splicing di AIF3 comporta l’effetto combinato di perdere la forma originale di AIF oltre a ottenere l’AIF3 alterato, portando sia alla disfunzione mitocondriale che alla morte cellulare”, spiega Yingfei Wang, Ph.D. “Lo splicing AIF3 causa disfunzione mitocondriale e neurodegenerazione“, afferma l’autore senior Yingfei Wang, Ph.D., assistente Professore di patologia e neurologia e membro dell’O’Donnell Brain Institute. “Il nostro studio fornisce uno strumento prezioso per comprendere il ruolo dello splicing AIF3 nel cervello e un potenziale bersaglio terapeutico per prevenire o ritardare la progressione delle malattie neurodegenerative”.
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Altri ricercatori che hanno contribuito a questo studio sono Shuiqiao Liu, Mi Zhou, Zhi Ruan, Yanan Wang, Veena Rajaram, Andrew Lemoff, Jennifer E. Wang, Kimmo Hatanpaa e Weibo Luo di UT Southwestern; e Calvin Chang, Masayuki Sasaki, Kalyani Nambiar, Ted M. Dawson e Valina L. Dawson della Johns Hopkins.
Questo lavoro è stato sostenuto da sovvenzioni del National Institutes of Health (NIH), Darrell K Royal Research Fund, American Heart Association, NCRP Scientist Development Grant, The Welch Foundation, Cancer Prevention and Research Institute of Texas, Texas Institute for Brain Injury and Repair , Fondi UT Southwestern Medical Center Startup e UT Rising STAR.
Fonte:UTSouthwestern