Per la prima volta dall’entrata in vigore della legge 40 nel 2004 sulla fecondazione assistita, un giudice ha riconosciuto il diritto di una coppia di poter fare la diagnosi preimpianto. Il Tribunale di Cagliari ha autorizzato una coppia, lei malata di talassemia major e lui portatore sano, di eseguire il test all’Ospedale Microcitemico di Cagliari. La sentenza supererebbe il problema di legittimità costituzionale perché propone una interpretazione della legge ispirata agli stessi principi costituzionali, una scelta interpretativa che esclude l’intervento della Corte Costituzionale.
I giudici di Cagliari si sono mossi sulla linea della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che lo scorso giugno aveva accolto il ricorso presentato da una coppia italiana contro la legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita. La Corte di Strasburgo, dando ragione a una coppia italiana portatrice sana di fibrosi cistica, aveva bocciato l’impossibilità per la coppia (fertile) di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni, sconfessando così la controversa legge italiana sulla procreazione assistita. Scatenando l’immediata reazione di Scienza e Vita e l’impegno del governo a presentare ricorso alla Corte europea, nonostante da più parti genitori singoli e gruppi di persone portatrici sane di malattie genetiche chiedessero al Governo italiano di recepire la sentenza e cogliere l’occasione per rivedere la legge 40, che impedisce alle coppie fertili di accedere alle tecniche di diagnosi preimpianto. In Italia, nella direzione indicata da Strasburgo, era stata già aperta nel 2010 dal giudice Antonio Scarpa, del Tribunale di Salerno, che autorizzò la diagnosi genetica preimpianto per una coppia fertile ma portatrice di una grave malattia ereditaria, l’atrofia muscolare spinale di ripo 1.
La sentenza di Cagliari, oggetto di una conferenza stampa organizzata a Roma dall’associazione Luca Coscioni, va “a correggere la situazione italiana – ha spiegato Filomena Gallo, segretario dell’associazione – in cui su 357 centri di Pma attivi, nessuno dei 76 pubblici offre la diagnosi preimpianto, nonostante con le linee guida Turco del 2008 sulla legge 40/2004 sia consentita. Non solo: non viene offerta la crioconservazione e si osserva ancora il limite dei 3 embrioni creati, anche se non è più obbligatorio dopo la sentenza della Consulta del 2009”.