La terapia antivirale potrebbe prevenire lo sviluppo di un carcinoma epatico nei pazienti con fibrosi o cirrosi correlate al virus dell’epatite C (HCV), stando ai risultati di una metanalisi di otto studi controllati e randomizzati, pubblicata di recente sul British Medical Journal.
Lo studio mostra che il trattamento con interferone, associato o meno a ribavirina, ha quasi dimezzato il rischio di carcinoma epatocellulare in questi pazienti rispetto a quelli non trattati con l’antivirale e l’effetto preventivo è risultato ancora più pronunciato tra i pazienti che hanno avuto una risposta migliore alla terapia.
Per determinare l’effetto della terapia antivirale sul rischio di sviluppare un carcinoma epatocellulare nei pazienti con epatite C cronica, un gruppo di autori dell’Università di Copenhagen, guidato da Nina Kimer, ha effettuato una revisione sistematica e una metanalisi di otto studi controllati e randomizzati che hanno confrontato l’interferone o l’interferone pegilato, da solo o in combinazione con ribavirina, rispetto al placebo o a nessun intervento. I ricercatori hanno inoltre incluso anche cinque studi prospettici di coorte nelle analisi di sensibilità.
Negli studi randomizzati la durata della terapia variava da 1 a 5 anni e la durata del follow-up era compresa tra 2 e quasi 9 anni.
La metanalisi evidenzia che terapia antivirale ha ridotto del 47% il rischio di carcinoma epatocellulare (RR 0,53, 95% CI 0,34-0,81), con un NNT pari a otto pazienti.
Inoltre, nelle analisi dei sottogruppi, la terapia antivirale è risultata più utile ai fini della prevenzione nei pazienti che avevano ottenuto una risposta virologica (RR 0,15; IC al 95% 0,05-0,45) rispetto ai non responder (RR 0,57; IC al 95% 0,37-0,85; P = 0,03). Tuttavia, gli autori fanno osservare che si vede un “chiaro effetto della terapia in entrambi i sottogruppi di pazienti”. Inoltre, non hanno trovato evidenze di bias nelle analisi di regressione.
Anche le analisi di sensibilità sui cinque studi di coorte hanno mostrato che la terapia antivirale ha ridotto il rischio di carcinoma epatocellulare (RR 0,29; IC al 95% 0,12-0,69), ma i ricercatori avvertono che in questi studi vi era “una chiara evidenza statistica di bias” (P = 0,02).
Inoltre, nei quattro studi clinici randomizzati che hanno valutato anche gli effetti sulla mortalità, non si è trovata alcuna differenza tra i gruppi trattati e quelli non trattati in termini di mortalità dovuta a qualunque causa e mortalità epatica.
Nella discussione, il gruppo avverte che lo studio presenta alcuni caveat. Per esempio, solo due hanno utilizzato interferone pegilato, che è l’attuale trattamento standard, invece dell’interferone normale. E la maggior parte degli studi ha utilizzato l’antivirale in monoterapia, mentre lo standard attuale è la combinazione interferone più ribavirina. Inoltre, anche la terapia tripla, che associa a interferone e ribavirina a uno dei due nuovi agenti telaprevir e boceprevir, sta diventando parte della cura di routine.Per queste ragioni, i ricercatori concludono che l’”estrapolazione diretta degli effetti osservati nella pratica clinica è difficile. La protezione dal carcinoma epatocellulare potrebbe essere ancora maggiore nei pazienti che stanno facendo attualmente la terapia antivirale in corso perché le percentuali di risposta virologica continuano ad aumentare grazie ai continui miglioramenti della terapia”.
FonteBMJ 2012; DOI: 10.1136/bmjopen-2012-00131
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