Immagine: Credito: Nature Neuroscience (2020). DOI: 10.1038 / s41593-020-0608-8
Un team di ricercatori dell’Università della California, San Francisco, ha compiuto un altro passo verso lo sviluppo di un computer in grado di decifrare i pensieri della mente umana.
Nell’ articolo pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience, il gruppo di ricerca descrive l’ approccio all’uso dei sistemi di intelligenza artificiale per leggere e tradurre i pensieri umani. Gregory Cogan della Duke University ha pubblicato anche un articolo su News & Views che delinea il lavoro del team della California nello stesso numero della rivista.
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Nel corso dell’ultimo secolo, le persone si sono chieste se fosse possibile creare una macchina in grado di leggere la mente umana. Tali idee sono state spesso espresse in film in cui gli scienziati cercano di leggere la mente di una spia o di un terrorista o altro…. Recentemente, tali sistemi sono diventati una strategia possibile che permette di comunicare alle persone con disabilità del linguaggio. L’avvento dell’intelligenza artificiale, e più specificamente delle reti neurali, ci ha avvicinato sempre più a questa possibilità, con macchine in grado di leggere le onde cerebrali e tradurne alcune in parole.
In questo nuovo sforzo, il team di ricerca ha fatto un passo avanti nell’idea sviluppando un sistema in grado di decifrare intere frasi.
Il lavoro del team ha comportato lo sviluppo di un sistema di intelligenza artificiale più avanzato e il reclutamento di quattro donne con epilessia, ognuna delle quali era stata dotata di elettrodi impiantati nel cervello per monitorare le loro condizioni.
I ricercatori hanno usato le letture degli elettrodi per catturare i segnali cerebrali in diverse parti del cervello mentre le donne leggevano le frasi ad alta voce. I dati provenienti dagli elettrodi sono stati inviati a una rete neurale che ha elaborato le informazioni e collegato alcuni segnali cerebrali alle parole, mentre venivano elaborate e pronunciate dal volontario. Ciascuna delle frasi è stata pronunciata due volte da ciascuno dei volontari, ma solo la prima è stata utilizzata per l’addestramento della rete neurale, la seconda è stata utilizzata a scopo di test. Dopo aver elaborato i dati del segnale cerebrale, la prima rete neurale ha inviato i risultati a una seconda rete neurale che ha cercato di formare frasi da essi.
I ricercatori hanno scoperto che il loro sistema presentava un tasso di errore di appena il 3%. Ma notano anche che funzionava anche con un vocabolario molto limitato di sole 250 parole, molto meno delle centinaia di migliaia che la maggior parte degli umani è in grado di riconoscere. Suggeriscono che questa strategia potrebbe essere comunque utile alle persone che non riescono a pronunciare alcuna parola.
Fonte: Nature