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Insorgenza di ictus ischemico ed uso di antidepressivi: quale associazione?

Di recente sulla rivista Journal of Clinical Psychopharmacololgy è stato pubblicato un articolo (1) relativo alla possibile associazione tra insorgenza di ictus ischemico ed uso di antidepressivi in persone anziane. Di seguito si riporta una sintesi di tale studio.
I farmaci antidepressivi sono ampiamente utilizzati negli anziani per indicazioni che vanno dai disturbi depressivi ai disturbi d’ansia ed al dolore neuropatico.Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) sono considerati i farmaci di prima scelta nel trattamento della depressione negli anziani in virtù di una simile efficacia ed una migliore tollerabilità rispetto ai più vecchi antidepressivi triciclici.

Di recente, la safety degli SSRI è stata messa in discussione a causa della crescente evidenza sul rischio di sanguinamento. Gli SSRI infatti riducono il contenuto intracellulare di serotonina a livello delle piastrine tramite il blocco del trasportatore della serotonina (5-HTT), esercitando in tal modo un’azione antiaggregante che può facilitare l’insorgenza di emorragie, incluse quelle cerebrovascolari. Tramite lo stesso meccanismo, gli SSRI potrebbero in teoria possedere un effetto protettivo nei confronti degli eventi trombotici (es. ictus ischemico), come ipotizzato in alcuni studi che hanno riportato una riduzione del rischio di infarto del miocardio in associazione all’uso di SSRI.
Dall’altro lato, gli SSRI potrebbero causare vasocostrizione a livello delle arterie cerebrali, come risultato dell’attivazione serotoninergica, che potrebbe causare ictus ischemico.
Ad oggi, le evidenze epidemiologiche disponibili in merito all’associazione tra uso di antidepressivi ed insorgenza di ictus ischemico (80% degli ictus negli anziani) sono limitate.

Lo scopo di questo studio caso-controllo annidato in una coorte di pazienti anziani Olandesi è stato quello di valutare la potenziale associazione tra uso di SSRI ed altri antidepressivi e rischio di ictus ischemico. Tale studio è stato condotto come collaborazione tra l’Università di Messina e l’Erasmus University Medical Center di Rotterdam (Olanda).

Metodi

La fonte di dati dello studio è stata la banca dati di Medicina Generale Olandese “Integrated Primary Care Information” (IPCI). IPCI comprende ad oggi i record elettronici di più di 500.000 pazienti registrati nelle liste di 300 medici di medicina generale Olandesi (MMG).
In Olanda così come in Italia il MMG svolge un ruolo di gatekeeper nell’ambito del sistema sanitario. Per tale motivo in IPCI sono disponibili informazioni relative a caratteristiche demografiche del paziente, cause delle visite, diagnosi cliniche, visite specialistiche, ospedalizzazioni, prescrizioni di farmaci (inclusa l’indicazione d’uso) ed esami di laboratorio.
Da tale fonte di dati sono stati identificati tutti quei pazienti che durante il periodo di studio (1 Gennaio 1996–31 Dicembre 2005) avevano un’età ≥65 anni, i cui dati erano registrati nel database da almeno 1 anno. Sono stati esclusi dallo studio i pazienti con storia di disordini cerebrovascolari o tumore cerebrale precedente all’ingresso nello studio.
La coorte di pazienti è stata seguita dalla data di ingresso nello studio fino all’insorgenza del primo dei seguenti eventi: TIA, ictus ischemico, morte, trasferimento ad altro MMG o termine del periodo dello studio.
All’interno della popolazione dello studio sono stati identificati tramite ricerca per codici e testo libero tutti i casi incidenti potenziali di ictus ischemico. Successivamente tali casi sono stati validati da due medici, ciechi all’esposizione in studio, tramite revisione dei record clinici.
I casi sono stati considerati validi in presenza di una conferma della diagnosi tramite referto di TAC o visita dello specialista o ricovero ospedaliero.
La data indice è stata definita come la data dei primi sintomi specifici di ictus ischemico (es. capogiri, caduta senza chiara causa, cefalea o TIA, se registrato nel mese precedente alla diagnosi di ictus ischemico). Dalla popolazione dello studio, per ogni caso sono stati selezionati tutti i controlli eleggibili con stessa età e sesso del caso.

Sono state considerate diverse categorie di esposizione sulla base dell’antidepressivo utilizzato:

  1. uso di SSRI;
  2. uso di triciclici (TCA);
  3. uso di altri antidepressivi (es. venlafaxina, mirtazapina, mianserina, nefazodone, bupropione, reboxetina e trazodone);
  4. uso combinato di più antidepressivi appartenenti a gruppi di esposizione differenti;
  5. non-uso, in caso di assenza di prescrizione di antidepressivi durante il periodo di studio.L’uso di antidepressivo è stato poi definito come “corrente” se la durata della prescrizione copriva la data indice o terminava <30 giorni prima, o “passato” se l’ultima prescrizione terminava >30 giorni prima della data indice.
    In un’analisi di sensibilità l’uso di antidepressivi è stato diviso in categorie di esposizione sulla base dell’affinità al trasportatore della serotonina (alta, intermedia e bassa affinità).
    Fra gli utilizzatori correnti di antidepressivi, è stato calcolato il rischio di ictus ischemico in base alla dose giornaliera (DDD mediana come cut-off) ed alla durata d’uso (≤180 giorni e >180 giorni).
    Per calcolare il rischio di ictus ischemico associato alle varie categorie di esposizione sono state condotte delle analisi di regressione logistica condizionale, aggiustate per tutti i potenziali fattori di confondimento, utilizzando la categoria non-uso come comparatore. In un campione dei utilizzatori di antidepressivi inclusi nello studio è stata validata l’indicazione d’uso e sono state condotte delle analisi di rischio stratificate per indicazione d’uso.

    Risultati
    La popolazione dello studio comprendeva 69.216 anziani (43% maschi, età media: 72,7 ± 7,6 anni). All’interno di tale popolazione, 1.354 (2%) pazienti ha sviluppato un evento incidente di ictus durante il follow-up e, di questi, 996 (74%) erano specificamente classificati come ictus ischemico.
    Di seguito viene riportata una sintesi dei risultati principali delle analisi di rischio:

    • Rispetto al non-uso, l’uso corrente di SSRI era associato ad un aumento di rischio di ictus ischemico (Odds Ratio (OR): 1,55; Intervallo di Confidenza (IC) al 95%: 1,07-2,25).
    • Una durata di trattamento più breve con SSRI (≤180 giorni) era associata ad un aumento maggiore del rischio (OR: 2,07; IC 95%: 1,24-3,46) rispetto ad una durata più lunga (> 180 giorni) (OR: 1,14; IC 95%: 0,65-1,97). Non è stato osservato alcun effetto della dose di antidepressivo.
    • L’uso di TCA (OR: 1,18; IC 95%: 0,73-1,91) o di altri antidepressivi (OR: 1,01; IC 95%: 0,45-2,25) non era associato ad ictus ischemico;
    • In merito all’analisi sull’effetto dell’affinità al trasportatore della serotonina, è stato osservato un aumento significativo di rischio soltanto con l’uso corrente di antidepressivi ad alta affinità (OR: 1,43; IC 95%: 1,00-2,15) rispetto al non-uso.
    • Anche con l’uso passato di SSRI or TCA è stato osservato un aumento statisticamente significativo (p-value <0,05) rispetto al non-uso;
    • Nei pazienti affetti da depressione, un aumento del rischio di ictus ischemico è stato osservato soltanto con l’uso di SSRI (OR: 1,99; IC 95%: 1,20-3,30).

    Conclusioni
    I farmaci antidepressivi non esercitano effetti protettivi nei confronti dell’insorgenza di ictus ischemico. Al contrario, in questo studio è stato osservato un lieve aumento di rischio in associazione all’uso di SSRI in pazienti anziani. Tale rischio è risultato più elevato in associazione all’uso di antidepressivi con più alta affinità al trasportatore della serotonina.

    In attesa che tali dati siano confermati in ulteriori studi condotti su popolazioni di più grandi dimensioni, si raccomanda massima cautela nell’impiego di SSRI in pazienti anziani.

    Fonte Farmacovigilanza

     

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