Immagine, le cellule CAR-T (viola pallido sfumato) aggrediscono le cellule di un ependimoma, un tumore cerebrale. Credit: Eye of Science.
Il trattamento dei tumori con terapie che sfruttano il sistema immunitario, nonostante il successo, può richiedere anche la gestione di effetti indesiderati generalmente pericolosi della terapia che può causare anche danni neurologici.
Un rischio diffuso del rimedio che utilizza le cellule CAR-T, ampiamente riconosciuto, è una drammatica risposta infiammatoria che può innescare effetti collaterali da febbri eccessive all’insufficienza d’organo. L’analisi, rivelata in questo momento da una team di scienziati in Cina, cerca di districare ciò che accade in questa risposta, nella speranza di scoprire finalmente i metodi per prevenire gli effetti collaterali.
“L’acronimo deriva dall’inglese Chimeric Antigen Receptor T-cell (cellule CAR T) che, pur riferendosi letteralmente al nome delle cellule ingegnerizzate, descrive in realtà un complesso procedimento in cui alcune cellule del sistema immunitario vengono prelevate dal paziente, geneticamente modificate in laboratorio per poter riconoscere le cellule tumorali e poi reinfuse nello stesso paziente. Si tratta quindi di un nuovo e complesso approccio terapeutico contro la malattia”.
Sviluppato inizialmente per i tumori del sangue, il trattamento è ora accettato per leucemie e linfomi .
Tuttavia, fin dai primi giorni, i medici e gli scienziati hanno notato che il rimedio con le cellule CAR-T poteva innescare un impatto drammatico e spaventoso, una risposta iperinfiammatoria in cui le cellule immunitarie sfornano molecole extra chiamate citochine. E’ questo uno dei principali problemi clinici da risolvere:gli effetti collaterali, che possono apparire in circa il 25% dei pazienti. La modifica delle cellule T che, rende queste cellule attive, può dare luogo ad una sindrome da rilascio di citochine che può presentarsi in maniera così intensa da richiedere il ricovero in terapia intensiva. Il rischio di questa sindrome da rilascio di citochine (CRS) differisce in base al tipo di tumore su cui si sta concentrando il rimedio CAR-T. Circa il 90% delle persone affette da leucemia sottoposte a terapia CAR-T potrebbero sviluppare la sindrome da rilascio di citochine.
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Con il passare del tempo, i medici che utilizzano il trattamento CAR-T hanno una gestione più elevata della sindrome da rilascio di citochine grazie alla scoperta di metodi per affrontarla rapidamente senza attenuare l’energia antitumorale del rimedio. Tuttavia, “Potrebbe essere più semplice trattare i malati con il rimedio CAR-T senza che si verifichi la CRS”, afferma Saar Gill, un oncologo e biologo dei tumori del College of Pennsylvania. “Ridurre quel pericolo potrebbe anche rendere CAR-T un potenziale trattamento in un ambiente ambulatoriale, un punto di svolta per i malati, che a volte trascorrono molti giorni in Ospedale dopo aver ricevuto le cellule immunitarie”, dice Gill.