“I probiotici non sono innocui”, afferma un nuovo studio pubblicato il 7 novembre 2019 sulla rivista Nature Medicine. In effetti, alcuni pazienti possono essere messi seriamente a rischio dai batteri presenti nei probiotici. I medici devono valutare i rischi dei probiotici nei pazienti gravemente malati o immunocompromessi prima di prescriverli, poiché i loro benefici possono essere significativamente inferiori rispetto al pericolo in tali situazioni.
Probiotici
I probiotici sono microrganismi vivi, che vengono utilizzati per migliorare la salute. Tali batteri e lieviti si trovano spesso in alimenti fermentati, integratori alimentari e prodotti di bellezza. Il loro uso si basa sul fatto accertato che i batteri benefici nell’intestino sono migliaia di miliardi e ci aiutano a digerire il cibo, a produrre vitamine e altri nutrienti essenziali che promuovono la crescita e lo sviluppo sani e tengono a bada gli organismi che causano malattie. In effetti, i probiotici contengono molti degli stessi microbi presenti naturalmente nel corpo umano.
La maggior parte dei probiotici contiene una miscela di Lactobacillus e Bifidobacterium e lieviti come Saccharomyces boulardii. Circa 4 milioni di adulti americani usano probiotici.
Molti pazienti oggi ricevono probiotici in molte forme per molte e varie ragioni. Per alcuni, può essere un disturbo funzionale intestinale collegato alla microflora intestinale anormale. Per altri, potrebbero esserci malattie debilitanti che potrebbero beneficiare del supporto nutrizionale fornito da batteri intestinali benefici. I pazienti che assumono antibiotici potrebbero ricevere probiotici per prevenire la diarrea resistente agli antibiotici del Clostridium difficile perché aiutano a ristabilire alcuni microrganismi intestinali sani.
Finora, non ci sono state molte prove che i batteri trovati nel sangue in alcuni pazienti a cui sono stati somministrati probiotici provengano effettivamente da essi. Il presente studio è stato intrapreso per esaminare questa possibilità.
Vedi anche, Attenzione ai probiotici nei pazienti in terapia intensiva.
Lo studio
Lo studio ha esaminato i pazienti in terapia intensiva per varie condizioni che sono stati trattati con probiotici, tra le altre cose. La ricerca ha riguardato 5,5 anni, durante i quali c’erano 552 pazienti trattati con capsule probiotiche contenenti Lactobacillus rhamnosus.
I ricercatori hanno confrontato il rischio di infezione del sangue o batteriemia in questi pazienti rispetto a quello dei pazienti non esposti ai probiotici. Nella seconda parte dell’esperimento, i ricercatori hanno analizzato i dati di genomica da questi campioni batterici e ne hanno rintracciato l’origine filogenetica.
Le scoperte
I risultati hanno mostrato che c’erano 6 pazienti a cui era stata diagnosticata un’infezione del sangue dovuta a L. rhamnosus in questo gruppo, rispetto a zero pazienti del resto dei pazienti che non avevano ricevuto probiotici. In altre parole, è stato riscontrato che il primo gruppo aveva un rischio notevolmente più elevato rispetto al secondo.
Nuovi metodi di sequenziamento del genoma intero sono stati quindi utilizzati per scoprire la fonte dei lattobacilli in questi 6 pazienti. Ciò ha dimostrato che le specie di Lactobacilli isolate dai pazienti erano identiche a quelle del probiotico con cui erano stati trattati. Qualunque piccola differenza ci fosse, infatti, tra i ceppi batterici isolati, è stato scoperto che aveva origine nel probiotico stesso.
Alcuni dei ceppi batterici presenti nel sangue hanno mostrato mutazioni di nuova origine. In un paziente, nell’isolato di sangue c’era il Lactobacillus rhamnosus che mostrava una nuova mutazione che rendeva il batterio resistente alla rifampicina antibiotica.
Implicazioni
Precedenti studi hanno suggerito la possibilità di trasferimento genico da microbi probiotici ad altri batteri nell’intestino, rendendo quest’ultimi resistenti agli antibiotici. Alcuni studi mostrano anche che in alcuni casi, i probiotici possono portare alla produzione di tossine. E infine, esiste un problema di regolamentazione: alcuni probiotici contengono microrganismi completamente diversi da quelli presenti sull’etichetta.
I ricercatori concludono che non solo i batteri presenti nei probiotici possono portare direttamente alla batteriemia nei pazienti sensibili, ma possono anche subire mutazioni per adattarsi alla presenza di antibiotici e stabilire il loro tasso ottimale di crescita e proliferazione nell’ospite umano.