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Nobel per la Medicina 2019 a Kaelin, Ratcliffe e Semenza

Immagine, da sinistra Gregg Semenza, Peter Ratcliffe e William Kaelin (afp).

Gli statunitensi William Kaelin e Gregg Semenza ed il britannico Peter Ratcliffe hanno ricevuto il premio Nobel per la Medicina per aver compreso il modo in cui le cellule percepiscono e si adattano alla disponibilità di ossigeno.

I tre ricercatori “hanno chiarito come i livelli di ossigeno influenzano il metabolismo cellulare e la funzione fisiologica – e le loro scoperte favoriscono lo sviluppo di nuove promettenti strategie per combattere l’anemia, il cancro e molte altre malattie”.
Alcune se queste scoperte dei tre scienziati risalgono agli anni 90, nel corso del tempo hanno trovato conferme scientifiche circa le modifiche che attuano le cellule in mancanza di ossigeno.
L’ossigeno è essenziale per trasformare il nutrimento in energia. Viene sfruttato in particolare dai mitocondri: organelli presenti nelle cellule chiamati “centrali elettriche” dell’organismo.

Accanto alle carotidi esistono delle cellule specializzate nel misurare la presenza di ossigeno (per la loro scoperta è stato assegnato il Nobel per la Medicina del 1938) che comunicano direttamente con il cervello e regolano il ritmo del nostro respiro. Un’altra tecnica per contrastare l’ipossia è l’aumento dei livelli dell’ormone eritropoietina (EPO), che porta a un conseguente aumento dei globuli rossi. EPO è infatti quell’ormone usato dagli atleti dopati per incrementare le prestazioni sportive. Il ruolo del gene che regola la produzione di questo ormone è frutto dello studio di Gregg Semenza e Peter Ratcliffe.

Semenza e Ratcliffe, partendo dallo studio sul gene EPO, hanno scoperto che il meccanismo di rilevamento dell’ossigeno è presente in tutti i tessuti. Kaelin, concentrandosi su una sindrome ereditaria, la malattia di Von Hippel-Lindau (VHL) che predispone alle malattie tumorali, ha dimostrato che le cellule tumorali prive del gene VHL funzionale esprimono livelli anormalmente elevati di geni regolati dall’ipossia. Reintrodurre il gene VHL nelle cellule tumorali ha ripristinato i livelli normali di ossigeno.

I benefici della scoperta nella fisiologia e nelle patologie

Semenza desiderava identificare i componenti cellulari che mediavano questa risposta. Nelle cellule epatiche in coltura ha scoperto un complesso proteico che si lega al segmento di DNA identificato in modo dipendente dall’ossigeno. Ha chiamato questo complesso il fattore inducibile dall’ipossia (HIF).

Il lavoro di ricerca di Semenza, Ratcliffe e Kaelin ha portato alla  scoperta del dominio proteico dei tessuti, responsabile del meccanismo di rilevamento dell’ossigeno nelle cellule.

VHL: un partner inaspettato

Quando i livelli di ossigeno sono alti, le cellule contengono pochissimo HIF-1α. Tuttavia, quando i livelli di ossigeno sono bassi, la quantità di HIF-1α aumenta in modo che possa legarsi e quindi regolare il gene EPO e altri geni con segmenti di DNA leganti HIF (Figura 1).

Oxygen levels

Figure 1.

Diversi gruppi di ricerca hanno dimostrato che l’HIF-1α, che normalmente viene rapidamente degradato, è protetto dalla degradazione dall’ipossia. A normali livelli di ossigeno, una macchina cellulare chiamata proteasoma, riconosciuta dal Premio Nobel per la chimica del 2004 ad Aaron Ciechanover, Avram Hershko e Irwin Rose, degrada l’HIF-1α. In tali condizioni un piccolo peptide, l’ubiquitina, viene aggiunto alla proteina HIF-1α. L’ubiquitina funziona come un tag per le proteine ​​destinate alla degradazione nel proteasoma. Come l’ubiquitina si leghi all’HIF-1α in maniera dipendente dall’ossigeno è rimasta una questione centrale.

Ratcliffe e il suo gruppo di ricerca hanno quindi fatto una scoperta chiave: dimostrato che VHL può interagire fisicamente con HIF-1α ed è necessario per il suo degrado a livelli normali di ossigeno. Questo ha definitivamente collegato VHL a HIF-1α.

Fonte, The Nobel Prize in Physiology or Medicine 2019

 

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