HomeSaluteCervello e sistema nervosoParkinson e legame con il ferro

Parkinson e legame con il ferro

Secondo uno studio pubblicato dal Journal of Neuroscience, il malfunzionamento dei lisosomi, gli organelli che riciclano le proteine danneggiate, causa un accumulo di ferro nei neuroni dei pazienti affetti da Parkinson, la più comune malattia neurodegenerativa che è attualmente ancora incurabile.

E’ stato dimostrato che un accumulo significativo di ferro nel cervello dei pazienti è associato a questa patologia. Ora, una ricerca del Buck Institute, che fa maggiormente luce su questo legame, ha identificato la causa dell’accumulo di ferro nel deterioramento del lisosoma. Con l’avanzare dell’età le capacità del lisosoma si riducono consentendo al ferro in eccesso di entrare nei neuroni, dove provoca uno stress ossidativo tossico che può concorrerre all’insorgenza del Parkison.

( Vedi anche:Il virus della rabbia potrebbe suggerire una cura per il Parkinson).

Julie K. Andersen, ricercatrice del Buck Institute che ha coordinato lo studio, ha spiegato :“E’ stato recentemente scoperto che una delle funzioni più importanti del lisosomi è quella di immagazzinare ferro in una parte della cellula in cui non può creare reazioni di stress ossidativo. Abbiamo dimostrato che una mutazione in un gene lisosomiale provoca il rilascio tossico di ferro all’interno della cellula con conseguente morte delle cellule neuronali”.

La ricerca, condotto sia su modelli animali che su cellule umane in vitro, ha analizzato una mutazione del gene Atp13a2, che risulta associata ad una rara forma giovanile di Parkinson chiamata sindrome di Kufor-Rakeb. Eliminando il gene sano i ricercatori hanno dimostrato che i lisosomi risultano incapaci di mantenere l’equilibrio di ferro all’interno della cellula.

Le mutazioni in questo stesso gene sono state recentemente associate anche a forme sporadiche di Parkinson”, spiega Andersen. “Questi risultati suggeriscono quindi che il progressivo malfunzionamento dei lisosomi legato all’invecchiamento, che danneggia la capacità dei neuroni di mantenere il corretto equilibrio del ferro, è probabilmente una delle cause che determinano lo sviluppo del Parkinson”.

Secondo i ricercatori, i risultati dello studio offrono la possibilità di sviluppare nuove terapie contro la malattia. Nel 2003, il team di Andersen aveva dimostrato che una terapia ferrochelante protegge i topi dagli effetti della patologia. “Questi farmaci però sono molto poco specifici. Prelevano il ferro che è una sostanza necessaria per svolgere molte funzioni biologiche in tutto il corpo, dalle cellule in maniera indiscriminata. Il nostro obiettivo è colpire selettivamente la tossicità del ferro solamente all’interno dei neuroni coinvolti”, aggiunge il ricercatore.

Fonte: The Journal of Neuroscience

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