Immagine: le cellule T killer circondano una cellula tumorale. Credit: NIH
Un sottogruppo di pazienti con osteosarcoma – una forma di tumore osseo – potrebbero beneficiare di un farmaco già esistente, secondo gli scienziati del Wellcome Trust Sanger Institute ed i loro collaboratori della University College di Londra Cancer Institute e della University College London Cancer Institute and the Royal National Orthopaedic Hospital NHS Trust.
Nel più grande studio di sequenziamento del genoma dell’ osteosarcoma condotto fino ad oggi, gli scienziati hanno scoperto che il 10 per cento dei pazienti con una mutazione nei geni IGF, possono beneficiare di farmaci esistenti, noti come inibitori IGF1R.
I risultati dello studio, pubblicati il 23 giugno in Nature Communications, suggeriscono un nuovo ruolo degli inibitori IGF1R per il sottogruppo di pazienti con osteosarcoma che sono in grado di rispondere al trattamento in base al loro profilo genetico.
L’ osteosarcoma è la forma più comune di tumore osseo primario nei bambini e giovani adulti. Di solito colpisce persone di età compresa tra 10 a 24 anni. Circa 160 pazienti saranno ogni anno diagnosticati con osteosarcoma nel Regno Unito e di questi, quasi un terzo non potrà essere curato.
L’attuale trattamento per l’osteosarcoma è la chemioterapia seguita da un intervento chirurgico per la rimozione dei tumori ossei. Da quasi quarant’anni, nonostante la lunga ricerca, non c’è alcun nuovo trattamento per l’osteosarcoma.
( Vedi anche:I ricercatori scoprono come potenzialmente bloccare l’ osteosarcoma).
In questo studio, gli scienziati hanno analizzato il genoma di 11 tumori infantili e adulti, il doppio del numero di tumori studiati in precedenza. Nel 10 per cento dei casi, il team ha scoperto mutazioni nei geni che codificano per la proteina IGF, fattore di crescita insulino-simile.
La segnalazione IGF gioca un ruolo importante nella crescita delle ossa e dello sviluppo durante la pubertà. I ricercatori ritengono che la segnalazione IGF è anche implicata nella crescita incontrollata delle ossa, che è la caratteristica dell’ osteosarcoma.
I geni IGF sono il bersaglio di farmaci esistenti, noti come inibitori IGF1R. Studi clinici precedenti sugli inibitori IGF1R come trattamento per l’osteosarcoma, hanno prodotto risultati contrastanti anche se pazienti occasionali hanno risposto al trattamento. Nonostante questo, gli inibitori IGF1R non sono stati ulteriormente testati nell’ osteosarcoma.
Il Dr. Sam Behjati, del Wellcome Trust Sanger Institute edel l’Università di Cambridge e primo autore dell’articolo, ha detto : ” L’osteosarcoma è difficile da trattare. Nonostante approfondite ricerche nel corso degli ultimi 40 anni, non sono state trovate nuove opzioni di trattamento. In questo studio abbiamo rivelato un chiaro bersaglio per il trattamento dell’osteosarcoma che può essere raggiunto con i farmaci esistenti “.
Nello studio, gli scienziati hanno cercato le mutazioni genetiche per comprendere il meccanismo dello sviluppo dell’osteosarcoma. L’informazione genetica ha rivelato un processo specifico per riorganizzare i cromosomi che si traduce in diverse mutazioni che guidano il tumore.
Il Prof. Adrienne Flanagan, del Royal National Orthopaedic Hospital NHS Trust e University College London Cancer Institute, ha spiegato: “Con il sequenziamento dell’intero genoma dei tumori, abbiamo individuato per la prima volta, il meccanismo sottostante l’ osteosarcoma e scoperto un nuovo processo chiamato chromothripsis, ossia rottura del cromosoma, in cui il cromosoma viene frantumato, moltiplicato e riorganizzato per generare mutazioni multiple che guidano il cancro”.
Il Dr. Peter Campbell, autore principale del Wellcome Trust Sanger Institute, ha aggiunto: “Attualmente, non ci sono nuovi trattamenti all’orizzonte per l’osteosarcoma. Il sequenziamento genomico ha fornito le prove necessarie per rivedere le sperimentazioni cliniche sugli inibitori IGF1R per il sottogruppo di pazienti che hanno la specifica mutazione genetica individuata nel nostro studio. I farmaci esistenti, potrebbero essere efficaci per il 10 per cento dei casi di osteosarcoma”.
Fonte: Nature communications