Immagine: un nuovo studio esamina l’età relativa di geni umani, compresi quelli implicati nel cancro. I risultati suggeriscono che una propensione per una rapida mutazione – uno dei tratti distintivi di cancro – può essere antica e radicata. Credito: Jason Drees per Biodesign Institute
Il cancro è spesso in grado di superare con astuzia le migliori tecniche che la medicina moderna ha sviluppato per il suo trattamento. Nel tentativo di capire le abilità vantate dal cancro, una insolita collaborazione tra fisici e un genetista leader ha gettato nuova luce sul cancro come un fenomeno biologico con profonde radici evolutive.
Una collaborazione tra Paul Davies, Professore e Direttore del Beyond Center for Fundamental Concepts in Science, il fisico Charles Lineweaver, dell’ Australian National University, il genetista Kimberly Bussey ed il biofisico Luis Cisneros del NantOmics, LLC, ha cercato di tracciare la storia evolutiva dei geni del cancro che secondo gli scienziati risale agli albori della multicellularità, oltre un miliardo di anni fa.
Interrogandosi su come e perchè questi geni del cancro si sono evoluti, i ricercatori hanno individuato un collegamento sorprendente.
Le cellule tumorali implementano un antico meccanismo utilizzato da organismi unicellulari per elevare il loro tasso di mutazione in risposta allo stress.
Questa scoperta spiega uno dei tratti distintivi più noti del cancro, il suo alto tasso di mutazione che contribuisce alla rapida evoluzione della resistenza ai farmaci.
( Vedi anche:L’ attività dei farmaci contro il cancro può essere sostenuta o soppressa dai batteri intestinali).
La ricerca si è concentrata sugli interruttori genetici che permettono alla vita complessa di fiorire. Qualora tale regolamentazione venisse danneggiata, le cellule potrebbero perdere le loro proprietà cooperative e regredire al comportamento unicellulare comune negli organismi molto più antichi. Tale ritorno a tratti evolutivi ancestrali è conosciuto come atavismo.
Davies spiega: ” Hans Lineaweaver e Dean Burk, che hanno ideato il Lineweaver-Burk (o diagramma dei doppi reciproci) una rappresentazione grafica dell’equazione della cinetica enzimatica, hanno a lungo sostenuto che il cancro è un tipo di ritorno a una forma ancestrale più primitiva, ma mancava la prova concreta. Ora Kim Bussey e Luis Cisneros, con l’aiuto degli studenti Adam Orr e Milica Milicavic, hanno faticosamente analizzato le origini evolutive di una grande collezione di geni del cancro e hanno confermato che uno dei tratti distintivi più caratteristici e fastidiosi del cancro è davvero molto antico e radicato. Questo studio ha implicazioni radicali nella terapia del cancro”.
Il nuovo studio, che è stato pubblicato il 25 aprile 2017 in PLoS ONE, rileva che le esplosioni di mutazioni che circondano le rotture a doppio filamento nel DNA sono comunemente osservate nel cancro. Inoltre, tali esplosioni sono simili a quelle osservate in organismi monocellulari impegnati in mutazione indotta da stress. Nel caso del cancro, le mutazioni sembrano essere diffuse in tutto il genoma, compresi i geni più grandi che sono evolutivamente conservati e normalmente off-limits per eventi mutazionali. L’effetto è quello di permettere alle cellule somatiche di cercare l’ antico spazio nel genoma per le pressioni indotte dallo stress che stanno vivendo.
L’ autore corrispondente Kimberly J. Bussey, del Dipartimento di Informatica Biomedica presso l’Arizona State University, spiega che la risposta allo stress che si è evoluta per proteggere gli organismi unicellulari dall’estinzione, può rivelarsi pericolosa per un organismo multicellulare.
“Quando una cellula somatica in un organismo multicellulare si evolve, si può sviluppare il cancro”, dice il ricercatore.
I risultati suggeriscono che in casi di rapida resistenza alla terapia, la capacità di generare raffiche regolamentate di mutazione possono essere alla base del cancro.
“Dal punto di vista clinico, penso che questo davvero deve farci ripensare su ciò che intendiamo per trattamento del cancro. Forse l’obiettivo non è la cura, ma il controllo“, spiega Bussey. “Se c’è questa risposta che è uno scoppio mutazionale, forse c’è un livello di terapia con la quale siamo in grado di avere un impatto sulla vitalità delle cellule tumorali, ma non effettivamente indurre la risposta allo stress”.
Tali approcci hanno già fatto alcune incursioni nell’ uso clinico. La cosiddetta terapia metronomica applica turni più frequenti di trattamento a dosaggio più basso, mentre la terapia adattiva cerca di stabilizzare il cancro piuttosto che estirparlo. Questi ed altri approcci evolutivi per il trattamento del cancro offrono una nuova speranza nella lotta contro un nemico astuto e profondamente versatile.
Fonte: PLOS ONE