Una nuova ricerca dimostra inaspettatamente, che peperoncino e marijuana hanno molto in comune. Entrambi interagiscono con lo stesso recettore nel nostro stomaco, secondo i ricercatori della UCoon che hanno pubblicato i loro risultati il 24 Aprile in Proceedings of the National Academy of Sciences.
La ricerca potrebbe portare a nuove terapie per il diabete e la colite e stimola interessanti interrogativi circa il rapporto tra il sistema immunitario, l’intestino e il cervello.
La capsaicina presente nel peperoncino si lega a dei recettori che si trovano in tutto il tratto gastrointestinale, per ragioni che sono ancora sconosciute.
( Vedi anche:Come la capsaicina contribuisce alla morte delle cellule tumorali).
I ricercatori UConn hanno alimentato i topi con la capsaicina e hanno scoperto che essi avevano meno infiammazione nell’intestino. In seguito, hanno somministrato la capsaicina a topi con diabete di tipo 1. Quando hanno osservato con attenzione ciò che stava accadendo a livello molecolare, i ricercatori hanno scoperto che la capsaicina si lega ad un recettore chiamato TRPV1 che si trova sulle cellule specializzate in tutto il tratto gastrointestinale. Quando la capsaicina si lega al recettore TRPV1, esso induce le cellule a produrre anandamide, un composto chimicamente simile ai cannabinoidi presenti nella marijuana.
I ricercatori hanno scoperto che proprio l’anandamide ha ridotto l’infiammazione nei topi e che potevano ottenere gli stessi risultati alimentando i topi direttamente con l’anandamide.
Il cervello ha anche recettori per l’anandamide e sono questi recettori che reagiscono con i cannabinoidi. Gli scienziati si sono a lungo chiesti come mai i recettori per i cannabinoidi sono nel cervello: non sembrano interagire con le funzioni vitali del corpo, ma interagiscono con i cannabinoidi.
“Ciò consente di immaginare come il sistema immunitario e il cervello potrebbero comunicare: essi condividono un linguaggio comune”, dice Pramod Srivastava, Professore di Immunologia e Medicina alla UConn, ” e una parola di quel linguaggio comune è l’anandamide”.
Srivastava ed i suoi colleghi non sanno come o perché l’anandamide potrebbe inoltrare i messaggi tra il sistema immunitario e il cervello, ma hanno scoperto i dettagli di come guarisce l’intestino. La molecola reagisce con TRPV1 per produrre più anandamide e con un altro recettore per richiamare i macrofagi, un tipo di cellule immunitarie che interviene sull’ infiammazione. La popolazione di macrofagi aumenta la sua attività quando i livelli di anandamide aumentano. Gli effetti pervadono l’intero intestino superiore, tra cui l’esofago, stomaco e pancreas. I ricercatori stanno ancora lavorando con i topi per vedere se l’anandamide ha lo stesso effetto sulla colite.
Tuttavia, ci sono ancora molti interrogativi a cui dare risposta: qual è l’esatto percorso molecolare? Altri recettori reagiscono anche con anandamide?
Se i risultati saranno confermati in studi più ampi, l’anandamide o altri cannabinoidi potrebbero essere usati come farmaci terapeutici per il trattamento di alcuni disturbi dello stomaco, pancreas, intestino e colon.
Fonte: PNAS