HomeSaluteCervello e sistema nervosoNuova strategia identifica i difetti neuronali che causano la sindrome di Angelman

Nuova strategia identifica i difetti neuronali che causano la sindrome di Angelman

I ricercatori della UConn Health hanno utilizzato cellule staminali derivate da pazienti affetti da sindrome di Angelman per identificare i difetti cellulari sottostanti che causano questa malattia neurogenetica rara, un passo importante nella continua ricerca di potenziali trattamenti e una possibile cura.

Fino ad ora, gli scienziati, per scoprire il motivo per cui le cellule del cervello di individui con sindrome di Angelman non riescono a svilupparsi correttamente, hanno fatto affidamento soprattutto su modelli murini che mimano il disordine.

Utilizzando cellule staminali umane che sono geneticamente identiche alle cellule cerebrali di pazienti con sindrome di Angelman, i ricercatori hanno ora un quadro molto più chiaro e più preciso di ciò che accade.

In uno studio pubblicato il 24 aprile sulla rivista Nature Communications, i ricercatori riferiscono che le cellule del cervello di individui con sindrome di Angelman non riescono a maturare correttamente, provocando una cascata di altri deficit di sviluppo che si traducono in sindrome di Angelman.

“Abbiamo esaminato l’attività elettrica di queste cellule del cervello e la loro capacità di formare le connessioni, che è fondamentale per il lavoro dei circuiti nel cervello”, dice il neuroscienziato della UConn Health, Eric Levine, autore principale dello studio.

“Abbiamo scoperto che le cellule dei pazienti Angelman hanno delle menomazioni”, spiega Levine, ” e non si sviluppano come le cellule delle persone che non hanno il disturbo. Queste cellule non sono riuscite a sviluppare attività elettrica matura e a formare facilmente le connessioni”.

La sindrome di Angelman colpisce uno su 15.000 nati vivi. Le persone con Angelman presentano ritardi nello sviluppo, sono soggette a crisi epilettiche e possono avere difficoltà a camminare o di equilibrio. Hanno limitate capacità del linguaggio e generalmente si presentano con atteggiamento felice e spesso sorridono.

Il disturbo si verifica quando un singolo gene che gli individui ereditano dai cromosomi della madre viene eliminato o inattivo. La copia paterna di quel gene, noto come UBE3A, viene normalmente messa a tacere nelle cellule cerebrali.

Lo studio è stato realizzato in collaborazione con un altro gruppo di ricerca della UConn Health guidato dal genetista Stormy Chamberlain che sta studiando i meccanismi genetici sottostanti la sindrome di Angelman e come potrebbero essere invertiti. Il team di ricerca di Levine intanto sta esaminando la fisiologia dietro il disturbo o ciò che accade nel cervello quando il gene UBE3A materno manca o non funziona correttamente.

“La cosa interessante di questo studio particolare è che Eric ha catturato alcune delle prime differenze elettrofisiologiche tra i neuroni nella sindrome di Angelman e neuroni in genere in via di sviluppo”, dice Chamberlain.

Il cervello umano si basa su segnali elettrici per elaborare le informazioni. Questi segnali passano tra i neuroni nel nostro cervello tramite connessioni speciali chiamate sinapsi. Nel corso dello studio, Levine ha scoperto che a circa tre/cinque settimane dal loro sviluppo, le cellule del cervello in individui non affetti dalla malattia già mostrano attività elettrica, mentre le cellule da pazienti Angelman non mostrano attività elettrica. Questa incapacità di maturare sconvolge la capacità delle cellule di Angelman di formare connessioni sinaptiche corrette, che sono fondamentali per l’apprendimento, la memoria e lo sviluppo cognitivo.

“Altri ricercatori non hanno visto questo deficit in modelli murini”, dice Chamberlain, che è un co-autore dello studio. “Negli studi sui topi, i ricercatori hanno osservato i primi neuroni postnatali. Eric sta invece osservando alcuni dei primi cambiamenti nei neuroni che probabilmente si verificano durante lo sviluppo fetale”.

Le cellule staminali pluripotenti indotte utilizzate nella ricerca di Levine sono derivate da cellule della pelle e del sangue donate da persone con sindrome di Angelman. Queste cellule riprogrammate in cellule staminali sono state coltivate in laboratorio in cellule cerebrali che corrispondono al corredo genetico del paziente. Questo processo ha permesso a Levine di monitorare da vicino come le cellule si sviluppano dalle loro primissime fasi in vitro e di vedere come esse differiscono dalle cellule di controllo derivate da persone senza la malattia.

Per confermare che i difetti cellulari nelle cellule Angelman sono causati dalla perdita del gene UBE3A, Levine ha modificato il gene UBE3A nelle cellule del gruppo di controllo per vedere cosa sarebbe successo: si è verificata la stessa cascata di eventi.

“Nei soggetti di controllo che non avevano la sindrome di  Angelman, abbiamo praticamente eliminato il gene in modo da imitare il difetto di Angelman”, spiega Levine.

I risultati hanno portato Levine a credere che lo sviluppo ritardato dell’ attività elettrica nelle cellule cerebrali di pazienti con Angelman è uno dei fattori che causano altri difetti. Questa conoscenza è importante per lo sviluppo di possibili farmaci per combattere la malattia.  I ricercatori della Ionis Pharmaceuticals in California, hanno anche partecipato allo studio.

Con queste nuove informazioni, Chamberlain e Levine stanno portando la ricerca al livello successivo. Vogliono sapere esattamente come la perdita del gene UBE3A provoca il ritardo dello sviluppo dell’ attività elettrica nelle cellule cerebrali dei pazienti Angelman.

Un altro vantaggio di questo studio è che il modello di cellule staminali creato da Chamberlain e Levine può ora essere utilizzato per lo screening di potenziali terapie per Angelman. Avere la possibilità di monitorare le cellule del cervello umano in laboratorio permetterà ai ricercatori di testare decine se non centinaia di composti per vedere se essi invertono i difetti cellulari di Angelman. Lo stesso processo potrebbe essere applicato ad altri disturbi. E questa è una buona notizia.

Fonte: Nature

Newsletter

Tutti i contenuti di medimagazine ogni giorno sulla tua mail

Articoli correlati

In primo piano