HomeSaluteCervello e sistema nervosoSLA: nuovo approccio terapeutico prolunga la vita in modelli murini della malattia

SLA: nuovo approccio terapeutico prolunga la vita in modelli murini della malattia

Immagine: Aaron Gitler

Uno studio condotto da ricercatori della Stanford University School of Medicine ha rivelato un possibile nuovo approccio terapeutico per la SLA, sclerosi laterale amiotrofica, una malattia neurodegenerativa progressiva.

Il team della Stanford ha eseguito una serie di esperimenti che dimostrano che la soppressione di una certa proteina in un modello murino di SLA, estende notevolmente la durata della vita dell’animale. In un esperimento, nessuno dei topi non trattati è vissuto più di 29 giorni, mentre alcuni dei topi trattati sono vissuti più di 400 giorni.

( Vedi anche:I ricercatori dimostrano come la progressione della SLA potrebbe essere ritardata).

Lo studio è stato pubblicato online il 12 aprile dalla prestigiosa rivista Nature.

L’ articolo, scritto dall’ autore senior  dello studio Aaron Gitler, Professore Associato di genetica e da Lindsay Becker, spiega una serie di esperimenti che insieme suggeriscono una possibile nuova strategia per il trattamento della SLA.

Scoperto un approccio diverso per il trattamento della SLA

La SLA è una malattia in cui le cellule nervose del cervello e del midollo spinale degenerate, causano il deperimento dei muscoli. I pazienti perdono gradualmente la capacità di muoversi, parlare, mangiare o respirare. La malattia è stata associata a fattori di rischio ambientali e alle mutazioni in alcuni geni.

Un indicatore della SLA, nonché di altre malattie neurodegenerative, sono gli aggregati di proteina nel cervello. Nella SLA, questi grumi o aggregati, sono costituiti da una proteina chiamata TDP-43. Eliminare la proteinaTDP-43 potrebbe sembrare un buon modo per prevenire o curare la SLA, ma le cellule hanno bisogno di TDP-43 per sopravvivere e sopprimere la proteina non è una buona idea.

Si è reso necessario pensare ad un approccio diverso. I ricercatori sapevano che una seconda proteina, l’ atassina 2, aiuta le le cellule a sopravvivere quando TDP-43 forma grumi tossici. A differenza di TDP-43, l’ atassina 2 non è essenziale per la sopravvivenza di una cellula e questo la rende un obiettivo terapeutico ragionevole, secondo Gitler.

In uno studio precedente, il team della Stanford aveva dimostrato che quando l’ atassina 2 viene soppressa o bloccata in colture di lievito e moscerini della frutta portatori di TDP-43 gene umano, le cellule sono più resistenti ai potenziali effetti tossici dell’ aggregazione della proteina TDP-43.

In un altro studio, Gitler ed i suoi colleghi avevano dimostrato che aumentati livelli di atassina 2 aumentano il rischio di sviluppare la SLA. I ricercatori hanno pensato che se le mutazioni che hanno aumentato la quantità di atassina 2 hanno elevato il rischio di SLA, forse ridurre i livelli di atassina 2 potrebbe proteggere una persona dalla malattia.

Becker ha usato topi geneticamente ingegnerizzati i cui neuroni producevano la  proteina TDP-43 umana a livelli elevati. Questi topi presentano alcune caratteristiche che assomigliano alla SLA umana, compreso un accumulo di proteina TDP-43 nei loro neuroni. Questi topi inoltre, mostravano difficoltà a camminare e in genere avevano un durata della vita di non più di 30 giorni.

“Volevamo capire se potevamo proteggere i topi dalle conseguenze dell’accumulo tossico di  TDP-43 riducendo i livelli di atassina 2”, ha detto Gitler.

Becker ha geneticamente modificato i topi affetti da SLA affinchè avessero la metà della normale quantità di atassina 2 e ha anche progettato altri topi completamente privi della proteina. I ricercatori hanno scoperto che i topi con la metà dei livelli normali di atassina 2, sono sopravvissuti molto più a lungo. “Ma ciò che è stato davvero sorprendente”, ha detto Becker, “è che quando abbiamo completamente rimosso l’atassina 2, c’è stata davvero una sopravvivenza senza precedenti, alcuni dei topi sono vissuti centinaia e centinaia di giorni”.

Una prevenzione che ha funzionato nei topi

Il team di Gitler ha trattato i topi  con un tipo di farmaco simile al DNA, “oligonucleotidi antisenso”, progettato per bloccare la produzione di atassina 2. Questi cosiddetti “oligonucleotidi antisenso” sono filamenti di DNA sintetico che prendono di mira un gene e bloccano l’espressione della proteina che esso codifica. La consegna degli oligonucleotidi antisenso al sistema nervoso di alcuni dei topi affetti da SLA ha permesso loro di mantenersi in salute molto più a lungo rispetto ai topi affetti da SLA trattati con un placebo.

Un simile oligonucleotide antisenso è stato recentemente approvato per i pazienti pediatrici con atrofia muscolare spinale e secondo Gitler c’è la speranza di una strategia simile per la SLA.

“Lo studio ha dimostrato che la soppressione dell’atassina 2 ritarda l’ insorgenza e rallenta la progressione della SLA nei topi che non ancora presentano i  sintomi della malattia e sia gli oligonucleotidi che altri trattamenti che bloccano le proteine potrebbero invertire i sintomi nei topi che sono già malati. “Questa è la prossima serie di esperimenti su cui stiamo lavorando e poichè l’aggregazione della proteina TDP-43 si verifica in quasi tutti i casi di SLA, il target atassina 2 potrebbe essere una strategia terapeutica ampiamente efficace per il trattamento della SLA”, ha detto Becker.

Fonte: Med.Stanford

Newsletter

Tutti i contenuti di medimagazine ogni giorno sulla tua mail

Articoli correlati

In primo piano