Immagine: cellule nervose che muoiono nel cervello di topi malati. Le cellule nervose ( colorati in rosa) possono essere osservate mentre muoiono nella regione CA1 dell’ippocampo. Credit: Università di Leicester
Un team internazionale di scienziati ha annunciato un nuovo progresso nella lotta contro la malattia di Alzheimer attraverso l’individuazione di un nuovo bersaglio farmacologico che non solo migliora i sintomi della degenerazione cerebrale, ma estende la durata della vita dei topi malati terminali.
“Abbiamo trattato i topi modello di Alzheimer con un nuovo tipo di farmaco e abbiamo scoperto che questo farmaco può non solo migliorare i sintomi della degenerazione del cervello, come ad esempio il declino cognitivo, ma può anche estendere la durata della vita di questi topi malati-terminali. Il nostro studio apre la strada all’utilizzo di nuovi faramci per l’Alzheimer che trattano non solo i sintomi, ma anche la progressione della malattia”, ha dichiarato il Prof. Andrew Tobin.
( Vedi anche:I primi segni del morbo di Alzheimer rilevati nel liquido cerebrospinale).
Lo studio, durato quattro anni, condotto dal Medical Research Council (MRC) e dall’ Unità di Tossicologia MRC presso l’Università di Leicester, è stato pubblicato nel Journal of Clinical Investigation. Hanno collaborato alla ricerca il Prof.Andrew Tobin e colleghi della società farmaceutica Eli Lilly and Company e del Monash Institute for Pharmaceutical Sciences in Australia.
Il progetto è stato in parte sostenuto dalla Wellcome Trust.
Il Prof. Tobin, a fianco della Dr.ssa Sophie Bradley, ricercatore capo, ha dichiarato: ” L’articolo descrive come le molecole utilizzate in questo studio, possono ripristinare la perdita di memoria e rallentare la progressione della malattia di Alzheimer”.
“Abbiamo utilizzato topi le cui cellule cerebrali sono state progressivamente indotte a morire in modo simile a quello che accade nella malattia di Alzheimer. Questo progetto si concentra su una particolare proteina nel cervello che pensiamo possa essere coinvolta nella malattia di Alzheimer e potrebbe essere un potenziale bersaglio per i nuovi farmaci”.
I ricercatori affermano che i farmaci che attivano questa proteina recettore nel cervello sono stati precedentemente testati in studi clinici per il morbo di Alzheimer e hanno mostrato risultati positivi per quanto riguarda il miglioramento della cognizione, ma i pazienti hanno avuto un gran numero di effetti collaterali negativi. Questa nuova classe di farmaci più selettiva, non ha provocato effetti collaterali quando somministrati ai topi durante lo studio.
Il Prof. Tobin ha detto: “Questo lavoro può fornire informazioni importanti sul fatto che questa proteina è un valido target per i farmaci per il trattamento di malattie associate con la progressiva morte delle cellule cerebrali. Questa scoperta è di grande importanza per la società poichè le opzioni di trattamento per la malattia di Alzheimer sono molto limitate e i trattamenti attuali possono solo alleviare alcuni dei sintomi”.
“Quello che abbiamo trovato è una nuova classe di farmaci, chiamati ligandi allosterici, che colpiscono una proteina chiamata recettore muscarinico M1, che è presente nel cervello. L’attivazione di questa proteina recettore non solo può migliorare la funzione cognitiva nei topi con degenerazione progressiva del cervello, ma somministrata quotidianamente, può estendere la durata della vita”.
(Il recettore muscarinico è un recettore transmembrana appartenente alla grande famiglia dei recettori accoppiati alle proteine G. Il ligando naturale del recettore muscarinico è l’acetilcolina, neurotrasmettitore deputato alla trasmissione dell’informazione nervosa e in grado di legarsi anche ai recettori nicotinici. Mentre i recettori nicotinici sono canali ionici che legando l’acetilcolina consentono il flusso di ioni, l’attivazione del recettore muscarinico innesca una cascata di reazioni intracellulari mediate dal rilascio di un secondo messaggero).
( Un modulatore allosterico è una molecola che lega un determinato recettore cellulare con una sua propria funzione in una zona di legame diversa da quella del ligando stesso del recettore in questione e questo legame con il modulatore allosterico, determina una modificazione conformazionale della struttura del recettore stesso, provocando una facilitazione o un impedimento all’attivazione del recettore dopo che sia avvenuto il “legame” con il ligando specifico).
La ricerca è importante perché si concentra sull’identificazione di un trattamento che non solo migliora i sintomi associati alla neurodegenerazione, come i trattamenti attuali, ma individua anche una nuova strategia per rallentare la progressione della malattia ed estendere la durata della vita.
Il Prof. Tobin ha aggiunto: “La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza e colpisce circa 850.000 persone nel solo Regno Unito. Non ci sono trattamenti che possono rallentare o arrestare la progressione del morbo di Alzheimer ed i pazienti sono trattati con farmaci che mascherano temporaneamente i sintomi della malattia. Spesso questi trattamenti sono associati con effetti collaterali. Sono orgoglioso di essere coinvolto in una collaborazione internazionale per affrontare una delle sfide sanitarie più importanti del mondo. Il nostro studio apre la strada a farmaci che trattano i sintomi del morbo di Alzheimer e rallentano anche la progressione della malattia estendendo la durata della vita”.
Fonte: University of Leicester